La
prima loggia massonica in Italia sorse a Firenze. La versione ufficiale della
sua fondazione è narrata dallo storico italiano Ferdinando Sbigoli nel suo
lavoro Tommaso Crudeli e i Primi Frammassoni a Firenze, 1884; in seguito,
tale occorrenza fu menzionata da R. F. Gould in Storia della Frammassoneria,
1887.
Secondo
quegli autori la loggia in questione fu fondata da Charles Sackville, Conte di
Middlesex, poi Duca di Dorset e da Henry Fox
(padre di Charles James), che divenne poi Lord Holland.
La
loggia vide la luce nel 1733 e quei due giovani aristocratici ne furono eletti
primi due Maestri Venerabili. Attorno a loro si aggregò un gruppo di residenti
e visitatori inglesi quali Lord Raymond, Sir Horace Mann, Sewallis Shirley, Lord
Robert Montague, David Martin, Archer, Harris, Clarke e Frolix.
Questa
versione è incorretta sotto molti aspetti.
Uno dei primi membri della loggia fu un italiano, il Dottor Antonio Cocchi, il
quale lasciò un diario manoscritto in sette lingue (italiano, inglese,
francese, tedesco, latino, greco ed ebraico) che si riferisce ad un periodo di
circa 40 anni (1720-1758), oggi custodito alla Biblioteca Medica
dell’Università di Firenze.
Il
Professor Andrea Corsini, attuale direttore del Museo di Storia della Scienza a
Firenze, dopo aver studiato tale diario pubblicò, nel 1928 un libro dal titolo:
Antonio Cocchi, un erudito del Settecento. Il diario del Cocchi riveste
importanza, in ogni modo, principalmente da un punto di vista scientifico e non
include che pochi riferimenti, in lingua inglese, alla loggia in questione.
Gli
archivi di famiglia del Conte Enrico Baldasseroni, discendente diretto di
Cocchi, contengono oltre 2000 lettere di Cocchi ed altri, alcune delle quali
d’interesse massonico; ed è anche da questi documenti che possiamo iniziare a
mettere assieme per la prima volta la storia della loggia fiorentina.
Il
Diario di Cocchi riporta, al giorno 4 agosto 1732: -
“Al
rinfresco, tenutosi di buon’ora dal sig. Holdsworth, sono venuti altri inglesi
dopo di … , ed alla sera io fui ammesso tra i Frammassoni e colà mi trattenni
per la cena. Loro Maestro era il Sig. Shirly, altri erano il Capitano Spens, il
Sig. Clarke, il Capitano Clarke, Milord di Middlesex, Milord Robert Montague, il
Sig. Frolik, il Sig. Collins, il Barone Stosch; iniziati assieme con me furono
Sir Archer ed il Sig. Harris”.
A
tale data la loggia era quindi ben operativa, essendo stata ovviamente fondata
in tempi antecedenti. Questi riferimenti anticipano allora d’un anno la data
normalmente attribuita alla nascita della loggia dalla versione ufficiale.
Altri
punti rivestono inoltre un certo interesse – Il Maestro era “Shirly” (Sewallis
Shirley?) e non Middlesex, menzionato invece per quinto. Citato per secondo è
il Capitano Spens, che non appare invece nella versione accettata. Si tratta con
tutta evidenza del Reverendo Joseph Spence, Maestro d’Arte di
Cambridge, Tutore di Charles Sackville.
Il
“Frolix” della versione accettata è qui riportato come Frolik, e non
si trattava d’un inglese. Storici massonici suggeriscono che questi potesse
essere il Dottor Martin Foulkes, presidente della Royal
Society, che si trovava a Firenze in quel periodo e risultava essere in qualche
modo collegato alla loggia; questi purtuttavia non era il nostro “Frolix”,
l’identità del quale viene rivelata in una lettera scritta a Cocchi da Torino
il 23 marzo 1737: -
“Monsieur, la qualité de free-masson, qui m’est commune avec vous, et
l’honneur qui j’eus de vous voir quelque fois, pendant mon sejour à
Florence avec Mylord Middlesex, me repondent de la bonne volontè avec laquelle
nous vous chargerez de la Commission que je prendrai la liberté de vous donner
ici”.
La
lettera era firmata “Frolich”, e sembrerebbe si trattasse d’un austriaco
di Carinzia, che viaggiava assieme con Lord Sandwich quale suo compagno e
tutore, che ebbe a chiedere a Cocchi indirizzi dove avrebbe potuto alloggiare.
Il Barone Filippo Von Stosch era un noto massone tedesco che visitò
l’Inghilterra.
Il
manoscritto di Cocchi ci fornisce inoltre informazioni aggiuntive sul conto di
Archer; questi si chiamava Tommaso ed aveva un ufficio a Londra in Covent
Garden.
Una
convocazione per la tornata di Loggia, datata 30 settembre 1732 conferma quanto
riportato nel diario e che in altre parole il Maestro della Loggia era Shirley
ed il Primo Sorvegliante Spence, mentre Middlesex rivestiva l’ufficio di
Secondo Sorvegliante.
Horace
Walpole, inoltre, nel suo Lettere a H. Mann (vol. i, p. 269) riporta di
come Sackville fosse giovane ed irresponsabile. A questo proposito egli così si
espresse:
“I
due capi del “Club Dilettanti” di Londra, Charles Sackville e Sir Francis
Dashwood erano raramente sobri nei periodi della loro permanenza in Italia”.
Così
legge la Convocazione conservata negli archivi Baldasseroni: -
30
settembre 1732
A
tutti i Fratelli dell’Onorabilissima società dei frammassoni, saluti.
Per
mezzo di questi segni e dei simboli vi è richiesta la presenza a Villa di
Settignano per le ore dodici, oppure alle ore tredici a Maniano da dove in
processione regolare, forniti di guanti, grembiuli e di tutto il resto vorrete
marciare fino a Fiesole dove, dopo aver esaminato secondo le strette regole
massoniche gli edifici, i colonnati e le altre nobili vestigia della nostra Arte
edificati nell’antichità dai nostri Fratelli, gli antichi romani, voi farete
ritorno a Maniano per il rinfresco. Poscia procederete regolarmente alla Villa
di Settignano ove si ordina sia tenuta la loggia.
P.S.
A tutto coloro i quali saranno giudicati dalla compagnia inabili al cammino sarà
procurato un asino.
Shirley,
Maestro
Spens,
Middlesex, Sorveglianti
Firenze, 30 Settembre, An.Dom. 1732
Per
quanto io abbia potuto apprendere nei pochi giorni a mia disposizione, solo
quattro volte si fa riferimento diretto alla loggia nel Diario del Dottor
Cocchi, e due volte nella sua corrispondenza.
Nel
diario, il secondo appunto è datato 22 Luglio 1733: -
“Dagli
Inglesi. Presenti How, Hugo Smithson e Crow. Restituita ai gentiluomini la
chiave del petto dei frammassoni, datami in precedenza quando fui fatto
Maestro”.
Secondo
lo scrivente, Cocchi fu il secondo Maestro Venerabile dopo Shirley. Se così
fosse, allora né Sackville né tantomeno Fox avrebbero potuto essere i primi
Venerabili. Una possibile spiegazione della successiva elezione di Middlesex e
Fox alla Maestranza è da ricercarsi nel desiderio di proteggere la Loggia dalla
persecuzione dell’Inquisizione, dopo che molti italiani vi furono ammessi.
Dalla
convocazione del 30 settembre 1732 notiamo di come i massoni inglesi fossero
lasciati virtualmente indisturbati dalle autorità italiane, e potessero anzi
organizzare una processione in luogo pubblico, in piena tenuta massonica, da
Firenze a Fiesole e ritorno; quando in seguito scienziati e letterati italiani
si unirono alla loggia in gran numero divenne inevitabile che si attirassero in
quella direzione le attenzioni dell’Inquisizione.
Lo
Sbigoli cita undici italiani annoverati tra i primi membri della loggia, si
tratta di : Antonio Cocchi, Antonio Niccolini, Tommaso Crudeli, Giovanni Lami,
Giuseppe Buondelmonti, Giuseppe Cerretesi, Ottaviano Buonaccorsi, Giuseppe
Avanzini, L’Abate Vaneschi e i fratelli Antonio e Gaetano Marcantelli. Per le
biografie di questi fratelli vedasi A.Q.C., lviii, pp. 16-23.
Costoro
si unirono alla Loggia presumibilmente tra il 1733 e il 1735 mentre, secondo
Cocchi, molti altri n’entrarono tra il ’35 e il ’37.
Nella
terza annotazione del diario, effettuata nel corso del 1738 si legge: -
“Agli
inizi di giugno 1737 eravi, a Firenze, voce popolare diffusa secondo la quale vi
si trovava numerosissima setta di eretici dal nome di “Liberi Muratori” ….
Si afferma che questi fossero circa 2,000, mentre alcuni n’aumentavano il
numero fino a 14,000. Tra costoro vi sarebbero stati il Marchese Rinuccini, il
Senatore Rucellai, Suarez di Madrid, l’Abate Franceschi, l’Abate
Buondelmonti, me medesimo e altri”.
E’
chiaro di come i “si dice” avessero probabilmente esagerato la realtà dei
fatti, sebbene tutti i mentovati fossero, in effetti, frammassoni e quindi,
almeno dal punto di vista ortodosso, eretici certamente.
Da
altri appunti del diario, riguardanti riunioni degli “Inglesi” presso le
residenze di Shirley, Middlesex, Colman, Berenstadt, Lord Montague, Clarke e
Collins (riunioni naturalmente massoniche), possiamo stimare con una certa
approssimazione il piedilista della loggia ed il suo graduale trasformarsi da un
gruppo puramente inglese ad una loggia predominantemente italiana.
Prima
dell’iniziazione del Cocchi, l’appartenenza era chiaramente inglese,
eccezion fatta per tre tedeschi quali Stosch, Berenstadt, e Frolich. Nel 1733-34
vi ritroviamo dieci nuovi nomi inglesi (Mitchel, Hubert, Holdsworth, How,
Smithson, Crow, Bagshaw, Mann, Martin e Foulkes) e tre italiani (Rinuccini,
Tanucci e Rucellai). Nel 1737 appaiono nuovi membri quali P. Neri, G. Gorani,
l’Abate Franceschi, Suarez (probabilmente un ex-gesuita spagnolo), ed un
generale belga dell’esercito imperiale: Wachsendonk, presentato da Gorani.
Nel
1738 il gruppo inglese crebbe con l’ingresso di Shadwell, Benting, Charton e
Ponsonby, mentre Maffei fu un nuovo membro italiano. Nel 1739 appaiono i nomi di
Luca Corti (o Corsi), del Governatore Craon e del suo assistente, il Conte
Richecourt, come persone in qualche modo associate agli affari della loggia. Nel
1740 Horace Walpole e Thomas Grey prendevano apparentemente parte alle riunioni
massoniche, così che in quell’anno i gruppi inglesi e quelli di altra
nazionalità quasi si equivalevano: vi appaiono infatti 27 nomi di inglesi, 19
di italiani e altri sei di non italiani.
Dopo
quel periodo molti membri inglesi fecero ritorno in patria mentre altri italiani
si aggiunsero al piedilista: gli italiani rappresentavano ormai la maggioranza,
mentre probabilmente la lingua della loggia fu cambiata dall’inglese
all’italiano.
Devo
però aggiungere che si tratta solo di congetture poiché personalmente non ho
mai visto alcun registro di loggia, che presumibilmente non fu per niente tenuto
per tema dell’Inquisizione. E’ inoltre più che probabile che, in quel
periodo, anche Tommaso Perelli, Paolino Dolci e lo stesso genero di Cocchi,
Angiolo Tavanti, facessero parte della loggia.
Nel
1748, secondo le Memorie di Filippo Mazzei, il centro massonico di Cocchi
“Riuniva gli uomini più brillanti della città, così come gli stranieri di
riguardo che passavano per Firenze”.
Assieme
con Mazzei e i suoi intimi amici Raimondo Cocchi e il Dottor Lupi, tutti allievi
di Antonio Cocchi, s’incontrano anche, quali membri da lunga data della
Loggia, Cocchi, Perelli, Niccolini, Buondelmonti, P. Neri, Rucellai, Tanucci,
Maffei e Sir Horace Mann. Vi si ritrovano anche nomi nuovi quali quelli
dell’Abate Marini, di Felice Fontana e di G. M. Lampredi, professore a Pisa.
Tra
gli inglesi, Mazzei cita solo Horace Mann; evidentemente gli altri avendo già
lasciato Firenze a quella data. La loggia divenne italiana, mentre Antonio
Cocchi ne era membro anziano e presumibilmente Maestro. Alla sua morte nel 1758
suo figlio, il Dottor Raimondo Cocchi, ne divenne la guida. Nel 1765 Raimondo
Cocchi era la figura centrale di un circolo che presumibilmente si rifaceva alla
vecchia loggia fiorentina.
Assieme
con Cocchi e il vecchio massone Lami, questo circolo includeva Jacopo Galluzzo,
storico, architetto e Segretario di Stato; il Dottor Dominio Manni, archivista
di Firenze; Carlo Denina, Professore a Torino; Antonio Gori, Professore a
Firenze e Giuseppe Sarchiani, Direttore degli Archivi Fiorentini.
Alla
Morte di Raimondo Cocchi nel 1775 la guida della massoneria fiorentina passò a
nuovi uomini, tra i quali il Conte Giovanni Fabbroni fu forse il più illustre.
L’Inquisizione
e l’arresto di Crudeli. Il
diario del Cocchi fornisce inoltre nuove informazioni relative all’arresto di
Crudeli. Già abbiamo scritto di come, nel 1737 i massoni ebbero ad attrarre le
attenzioni dell’Inquisizione che mise in giro, ad arte, voci relative alla
nuova “setta di eretici”.
Nel
suo appunto dell’11 maggio 1738 Cocchi riferisce della richiesta perentoria
effettuata dal Capo Inquisitore di Firenze al Granduca Francesco (anch’egli
massone inglese) per l’arresto di tutti i sospetti. Apparentemente, il Papa in
persona esigeva l’arresto di Crudeli possibilmente perché questi aveva
scritto un poema che poneva la Santa Sede alla berlina.
Francesco,
il quale non voleva inimicarsi il Papa, permise allora l’arresto di Crudeli,
che avvenne il 9 maggio 1738. Il Papa emise la sua prima Bolla contro i Liberi
Muratori, condannandoli. L’Inquisizione avrebbe voluto arrestare anche il
Buondelmonti, ma il Granduca non volle effettuare ulteriori arresti così che
sia il Buondelmonti che gli “Inglesi” rimasero indisturbati.
Essendo
il Senatore Rucellai massone, Segretario di Stato e capo del braccio secolare,
l’Inquisitore chiese ed ottenne dal Granduca la sostituzione di questi con
l’Abate Tornaquini. Nel luglio del 1738 il Cocchi così scrive:-
“Non
abbiamo ancora potuto scoprire le ragioni di ciò (arresto del Crudeli). Di
quale crimine egli sarebbe responsabile e per quali motivi il G.D. (Gran Duca)
così prontamente accondiscendesse all’arresto. Pur non essendo ancora stato
esaminato dall’inquisitore, si dice che l’ostacolo a proseguire in
quest’affare venga dal Governo … alcuni dicono si tratti di scoprire il
segreto dei frammassoni”.
I
massoni si mantenevano in contatto con Crudeli per mezzo di corrispondenza
segreta, essendo in tal modo informati di ogni mossa dell’Inquisizione. Il 21
settembre 1739 Cocchi scrive che Crudeli fu ufficialmente accusato di esser
membro di una società che praticava riti osceni ed indegni. Cocchi continua
descrivendo lo svolgersi di quei rituali repellenti che l’Inquisitore
evidentemente suggeriva al Crudeli per provocarne la confessione. Il Crudeli
fermamente negò ogni conoscenza di tali pratiche. Il Cocchi con enfasi descrive
di come tali suggerimenti fossero falsi ed inventati dall’Inquisizione per
gettare discredito sulla massoneria, la quale attraeva molti membri del clero
cattolico e degli ordini monastici.
I
massoni fiorentini, preoccupati dalle precarie condizioni di salute del Crudeli
nelle carceri dell’Inquisizione si diedero a cospirare per la liberazione del
prigioniero; Cocchi così descrive la vicenda in un suo appunto del 5 dicembre
1739: -
“Tutto
era pronto per tentare la fuga di T.C. per mezzo del suo amico L.C. (Luca Corti)
ed il consiglio di altri, C.R. (il Conte di Richecourt) avendo promesso la
connivenza del Governo a quella operazione.
Egli
avrebbe dovuto ricevere, per le vie usuali, una lettera e far pervenire al
detenuto, nottetempo, una corda fornita d’un gancio, due pistole, un coltello
ed un fazzoletto sporco di sangue.
Crudeli
avrebbe poi simulato un improvviso attacco d’asma ed uno sbocco d’emottisi e
quindi chiedere d’essere condotto alla cappella. Colà, dopo aver minacciato
le guardie, egli si sarebbe calato dalla finestra per mezzo della corda e quindi
si sarebbe dileguato nell’oscurità. Avrebbe dovuto recarsi subito da W.ssby’s (?) a Sivi (?), aprire quel luogo con la chiave e riposarsi fino
all’alba. Di buon mattino poi, egli sarebbe uscito dalla città assieme con il
Gentil. nei panni di un servitore a cavallo e recarsi fino a L. e da qui a G.,
poi a B e così via, il che avrebbe avuto invero buone probabilità di successo.
Ma
la sera stessa C.R. avvertì L.C. del fatto che l’I. (Inquisitore) aveva
ordinato al Barg. (ello) di far buona guardia alle prigione dacché vi era il
sospetto che quella notte qualcuno avrebbe tentato di parlare col prigioniero,
cosa che andava prevenuta ad ogni costo dato che il processo stava per
concludersi.
Il
Barg. Aveva quindi avvertito C.R. il quale rispondeva che non si sarebbe opposto
ai voleri dell’I.
Vi
era quindi un ostacolo e l’intera operazione fu fermata.
L.C. allora rimandò tutto, sospettando si trattasse di una mossa della
C. per prevenire la fuga. Al momento resta incerto se in effetti si trattasse di
ciò o se qualche servitore ci avesse traditi, o alcun altro che fosse informato
delle nostre intenzioni. Wh. W. Di Mil. W. (?). Resta in ogni modo chiaro il
fatto che C.R. non intenda opporsi alla C. di R.ma (Curia di Roma) sebbene essi
sappiano sia sbagliato consegnare quell’uomo e di come il G.D. (Granduca)
fosse stato tratto in inganno essendo falsa l’intera accusa”.
Alcune
lettere contenute negli archivi Baldasseroni confermano i tentativi dei massoni
di liberare il Crudeli. Horace Mann scrisse a A. Cocchi (senza data, ma
evidentemente nel 1739) dei suoi sforzi. Egli si appellò a Lady Walpole, la
quale scrisse una lettera al Cardinale Albani intercedendo per il Crudeli.
Cocchi e Mann scrissero inoltre al Governatore Craon e questi, assieme con
Richecourt, promisero di aiutare.
Tutta questa corrispondenza dell’inviato inglese
risultò alfine nella liberazione del Crudeli dalle carceri, ed è con queste
informazioni ottenute dalle carte di Cocchi che io mi permetto, alfine, di
ultimare quest’articolo.
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