“Il valore dell'uomo non è nella verità che ritiene di possedere, ma nello sforzo incessante per raggiungerla”.
Quante volte abbiamo trovato questa
frase su libri ed articoli di commento a Lessing.
È certamente una frase felice, quasi
dal valore assiomatico e come tale viene recepita nella gran parte dei
commentatori e critici di Lessing. Ma le frasi espresse da un Massone,
specialmente del calibro di un Lessing, hanno dietro la loro ovvietà plurimi
sensi e tutti da scoprire.
Molto spesso, tutti i lettori pongono
l’accento su due parole: verità e sforzo; queste due parole sembrano la
chiave di comprensione della frase. Conseguentemente essa viene interpretata nel
senso che ciò che veramente è importante non è la verità in sé ma lo sforzo
per ottenerla. Sarebbe la volontà umana nella ricerca della verità a
determinare il valore dell'uomo e l’uomo, in questi termini, acquista valore
per lo sforzo che mette nella ricerca della Verità.
Verità e sforzo sono elementi
distinti, non legati da un principio di causazione, infatti, la prima è
l’obiettivo e il secondo è la modalità per raggiungere quell’obiettivo. Il
collegamento è allora di tipo funzionale: lo sforzo caratterizza l’uomo,
ponendosi come variabile indipendente, mentre la Verità si pone come variabile
dipendente. Tale è, infatti, la Verità che nel pensiero lessinghiano è
concepita come cosa che “può” essere ritenuta in possesso. Il senso della
possibilità rende la Verità relativa, ovvero non assoluta. Diversi uomini
possono ritenere di possedere la verità, che non necessariamente è la stessa
per tutti. La possibilità esclude l’attualità, ovvero, ciò che è possibile
non necessariamente è reale. Se poi questa possibilità si restringe al campo
della soggettività, il reale diventa ancor più aleatorio. Pur tuttavia la
frase di Lessing vuole avere un senso generale e quindi si deve ricercare il suo
o i suoi significati sottesi, non evidenti ma necessari per la resa logica della
frase stessa. Lo sforzo non implica inevitabilmente la Verità, piuttosto da
esso può derivare la Conoscenza. L’Uomo con la volontà percorre la strada
della conoscenza e solo questa può portare alla verità.
In conclusione agli uomini il
risultato di tale ricerca che li accomuna tutti è la Conoscenza e non la Verità.
In altri termini, la Conoscenza è l’effetto o risultato della causazione che
è la ricerca perseguita con sforzo o
per meglio dire con volontà. In tal modo, se è lo sforzo,
ovvero la volontà, che caratterizza il valore dell’uomo, non possiamo parlare
della Verità come effetto, che piuttosto è la Conoscenza. Infatti, la
Conoscenza è il prodotto della Volontà, intendendo questa come sforzo
d’elaborazione conoscitiva.
La Verità, da parte sua, è
conseguenza naturale della ricerca[i].
In termini semplici, la Verità può essere concepita come “credenza”
dell’uomo che la stabilisce in funzione dei propri criteri valutativi
culturali, oppure come risultato soggettivo di un’elaborazione conoscitiva.
La Verità si pone come valore
relativo per uomini che hanno differenti concezioni e modi per ottenerla. Mentre
la Conoscenza è comunque il risultato assoluto in sé, il vero effetto, a
prescindere dai risultati se, in assoluto, veri o meno.
È la Conoscenza che stabilisce la
corretta via per raggiungere la Verità.
Sinteticamente, il soggetto (uomo)
agisce con volontà (sforzo) ottenendo l’effetto (conoscenza) che lo porta al
suo obiettivo o conseguenza (verità).
In conclusione, Lessing considera lo forzo come causazione della Conoscenza e la Verità come conseguenza,
poiché la Verità è effetto della Conoscenza. E allora se la Verità è
effetto della Conoscenza, non può essere considerata come scopo principale, che
è invece la Conoscenza, poiché la Verità scaturisce dalla Conoscenza. Con un
banale sillogismo si può dire che l’Uomo conosce, non invera. Quindi, se il
Massone è uomo, egli conosce e non invera. Il processo conoscitivo del Massone
altro non è che la sua Via al perfezionamento, potendo concludere che la Via al
perfezionamento di un Massone non è caratterizzata dal raggiungimento della
Verità.
In qualunque percorso iniziatico
abbiamo un obiettivo ed un modo per raggiungerlo. L’obiettivo è un qualcosa
che definisce la finalità del percorso ma non lo spiega. Infatti, il percorso
necessariamente, viene definito dalle modalità di svolgimento. La Via al
perfezionamento non si caratterizza per il suo obiettivo ma per i modi in cui
essa è percorsa. Alla Verità si può pervenire in innumerevoli modi e ciò che
è importante è saper distinguere tra quelli che consentono il perfezionamento
e quelli che si svelano come inutile sforzo.
Per Lessing la Verità in sé è un
concetto dal duplice significato: la Verità pura,
assoluta, quella posseduta dal divino e la Verità relativa, quella della condizione
di errare eternamente smarrito,
posseduta dall’uomo[ii] Quest’ultima è connessa
alle circostanze storiche e culturali, persino soggettive del singolo.
Conseguentemente è verità ritenuta
vera e come tale posseduta. È evidente che per Lessing la Verità è qualcosa
che si ritiene di possedere e non
dunque ciò che oggettivamente essa è. Lessing rispetto a questo concetto di
Verità usa nella frase di incipit due parole molto distinte: possedere e raggiungere.
La prima ha chiaramente un valore di contingenza o meglio di profanità. La
Verità posseduta fa parte del mondo storico, statualmente, civilmente e
religiosamente inteso, mentre la Verità raggiunta fa parte del mondo iniziatico.
L’iniziato raggiunge la Verità senza possederla; anzi sarebbe più corretto
dire che l’iniziato, raggiungendo la Verità, è posseduto da questa e non il
contrario.
Però, gli scrittori dal pensiero
complesso, e Lessing lo era certamente, dicendo una cosa ne intendo-no anche
altre, tutte valide in una ampia prospettiva di visuali differenti. Questo è il
caso di Hanna Arendt che espresse una sua interpretazione seducente, senza però
riuscire ad intendere la visione massonica del pensiero di Lessing, riducendolo
a semplice espressione filosofica[iii].
Una diversa angolatura
d’interpretazione e quindi una diversa prospettiva di pensiero potrebbe esse-re
quella di spostare l’accento su altre parole della frase e quindi su altri
concetti che sono sottesi alle parole, addirittura su diverse concezioni
interpretative dell’intera frase.
La prima e più palese prospettiva,
da tutti osservata, è quella che si baserebbe sulle parole: valore
[dell’uomo], ritiene [di possedere]
e raggiungerla. Il valore dà la
misura dell’uomo che viene riconosciuto nella sua essenza davanti agli altri
uomini e davanti allo stesso cosmo. Lessing ci pone davanti all’uomo non in
quanto tale, cioè membro indifferenziato dell’umanità, ma ad uno speciale
uomo, quello che si distingue per un particolare valore. Sappiamo dai Dialoghi
dello stesso Lessing che lui considerava i Massoni come una categoria di uomini
del tutto speciale. Essi sono coloro che rappresentano con la loro esemplarità
il polo di riferimento per l’intera umanità non iniziatica, in senso
massonico. Potremmo dire che il Massone per Lessing è l’uomo inteso in senso
rinascimentale, l’uomo che si pone al centro del cosmo e di questo ne indaga
le verità nascoste. È l’uomo cosmico di Ficino e di Pico, non è l’uomo
politico di Machiavelli. Quest'uomo speciale è dotato della volontà
insopprimibile ed inesauribile di conoscere (sforzo
incessante) che si distingue dall’uomo del Machiavelli dotato della volontà
insopprimibile ed inesauribile di agire per cambiare la realtà, per migliorarla
e non per sostituirla con un’altra supremamente migliore, così come definita
da Lessing nei suoi Dialoghi ed in tante altre sue opere, ovvero la realtà ove
sono state eliminati i tre grandi mali dell’umanità[iv].
Tornando alla frase di incipit, ad
una visione superficiale sembrerebbe che l’uomo esaurisca la sua specificità
nello sforzo di raggiungere la Verità. Non essendo la verità il prodotto
diretto dello sforzo incessante, poiché la verità non è ottenibile con la sola
volontà, essa è conseguenza della conoscenza. Dunque, la verità non è il
focus della frase poiché essa è in sé relativa e questa relatività è
denunciata da Lessing con la parola ritiene.
L’uomo ritiene di possedere la verità, ci dice Lessing, e ciò significa che
la verità non è il valore che qualifica l’uomo. Come già osservato, Lessing
attribuisce la verità a Dio e all’uomo la volontà di ricercarla. È dunque
evidente che la Verità non può essere posseduta ma solo perseguita o, come lui
dice, raggiunta.
Spostando l’accento o focus della
seconda parte della frase, da sforzo a
raggiungerla, viene da porsi la domanda: può la verità essere
raggiungibile? Sembrerebbe che Lessing non escluda a priori questa possibilità.
Le due parole implicano due concetti:
lo sforzo può anche essere un
processo vano, mentre il raggiungimento
è un atto di realizzazione.
Estraendo questa frase da tutto il
pensiero di Lessing, come già accennato, qualcuno potrebbe avvalorare l’idea
che per Lessing la verità non appartiene alla sfera umana ma a quella divina.
Eppure questa è solo la superficie del pensiero lessinghiano.
Nelle opere di Lessing, specialmente
quelle massoniche, il compito umano che trascende persino la storia è la “Conoscenza”.
La Massoneria per Lessing ha la funzione extrastorica di conoscere il de-stino
ultimo dell’umanità, impadronendosi dei valori universali che prescindono dal
relativismo del-le culture e società umane.
Sembrerebbe allora che per Lessing ci
siano due Verità, una assoluta e posseduta dal divino ed una umana che
constserebbe nella conoscenza e perseguimento dei valori universali umani,
dunque Verità nè storica né ultraumana ma metastorica.
È
quindi, quella massonica, una conoscenza teleologica e non teologica: a Dio
appartiene la Verità e all’uomo la Conoscenza che avrà come conseguenza la
Verità. Questa è Conoscenza che porta ad una superiore morale ed etica, che
non si identificano con la morale della singola chiesa o con l’etica del
singolo Stato o con i comportamenti civili, poiché tutto ciò è composto di
valori e principi storici, contingenti; non è questa la conoscenza che porta
alla felicità e benessere dell’umanità. La Conoscenza ultima è quella
massonica, ovvero la conoscenza e la prassi dei valori universali umani. Il
massone può praticare questi valori universali solo se li ha conosciuti e
questa conoscenza è fattibile solo all’interno della Massoneria.
In altri termini, la ricerca del
Massone non è quella della Verità assoluta ma quella della Conoscenza, dalla
quale può scaturire la Verità.
Nel raggiungimento della Conoscenza
l’uomo si avvicina al divino e può partecipare della Verità. Pertanto, la
Verità, anche se è un valore qualificante la divinità, è raggiungibile.
Se noi intendiamo, in termini più
massonici, il divino come spazio del sacro e dello spirituale, prescindendo
quindi dal divino come fenomeno storicamente determinato dentro una qualsivoglia
religione rivelata, la via della Conoscenza non è altro che la via del
Perfezionamento spirituale nell’area del sacro.
La Conoscenza, a differenza della
Verità, non può essere intesa come relativa, come un qualcosa che si può
ritenere di possedere. Per Lessing sembrerebbe che la Verità sia un “in sé”,
un qualcosa che l’uomo crede di poter possedere, senza possederlo realmente,
infatti, le verità umane sono plu-rime e differenziate per motivi di storia,
cultura e società. La Conoscenza non è relativa e non è chiusa in se stessa
poiché è un processo, un costante ed incessante divenire teso al sacro ed è
nel sacro che si compie il processo conoscitivo del Massone.
In conclusione questa frase di
Lessing può significare, anche, che l’uomo si qualifica possedendo il valore
della Conoscenza e che questa è la via per raggiungere la Verità.
La Conoscenza è il percorso di
perfezionamento del Massone, egli potrà raggiungere la Verità con la volontà,
tesa all’applicazione dei valori universali umani nella propria vita ed in
quella della società a cui appartiene.
[i] Secondo l’accezione data
da Boezio: nel senso che la Conseguenza si poggia sulla “posizione dei
termini”, ovvero, che la Conoscenza è la causa della Verità.
[ii] "Se Dio tenesse
nella sua destra tutta la verità e nella sua sinistra il solo tendere verso
la verità con la condizione di errare eternamente smarrito e mi dicesse:
Scegli -, io mi precipiterei con umiltà alla sua sinistra e direi: Padre, ho
scelto; la pura verità è soltanto per te”. Eine
Duplik,1 - 1778.
[iii] Hanna Arendt dice:
“Lessing aveva delle opinioni ben poco ortodosse sulla verità. Rifiutava di
accettare una verità quale che sia, fosse anche quella fornitagli dalla
Provvidenza; non si sentiva mai costretto dalla verità, che essa fosse
imposta dai ragionamenti propri o altrui. Se lo si fosse messo a confronto con
l'alternativa platonica della doxa e dell'aletheia, dell'opinione e della
verità, la sua decisione non avrebbe lasciato dubbi.” In L'umanità
nei tempi oscuri. Riflessioni su Lessin 1959.
[iv] “Lessing
elenca i tre mali dell’uomo: a) i popoli diversi, b) le religioni diverse,
c) gli stati diversi. Questi tre mali costituiscono il destino della società
umana” in Commento al secondo dialogo di Lessing: la teoria dello stato e la
funzione storico-ideale della Libera Muratoria, Francesco Angioni in:
http://lacittadelladelleliberemura.googlepages.com/secondodialogolessing2
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