Vita civile e vita massonica
Il dialogo inizia con quelle che
sembrano delle battute un po’ maliziose su alcune persone che Ernst e Falk
hanno appena incontrato; in particolare su un personaggio, riconosciuto come
massone, che a detta di Falk considera il Congresso[1] come una loggia.
In questo modo un po’ conviviale Lessing introduce l’importante tema del
rapporto tra vita civile e vita massonica.
Egli ci tiene subito a ribadire un concetto già espresso: compito del Libero
Muratore non è quello di interferire nelle questioni politiche[2].
Questa affermazione è da intendersi in termini precisi e concreti. Egli non
vuol dire che una persona che è anche massone non debba partecipare alla vita
pubblica del suo Stato, piuttosto che non lo debba fare nella veste di massone.
La Libera Muratoria in quanto tale deve essere estranea alla vita profana perché
la sua è una vita iniziatica e dunque deve partecipare solo a ciò che è
iniziatico.
Oggi questa sembra un’ovvietà, almeno per certi Ordini massonici, eppure
nella realtà storica e civile di Lessing era un’affermazione polemica e
dirompente. Nel campo delle realtà iniziatiche c’è solo una “realtà”:
il bene dell’umanità. Il problema per tutti gli Ordini massonici d’allora e
di oggi è l’intendersi sul significato di “bene dell’umanità”. Per
Lessing la risposta è semplice quanto suprema: il bene dell’umanità non è
raggiungibile con gli strumenti “profani” dell’azione politica, civile,
religiosa, ma solo e necessariamente con l’Azione liberomuratoria..
Il nostro Autore per chiarire questo assioma parte da lontano. In modo eclatante
lui afferma che la Libera Muratoria è sempre esistita, che essa nasce con la
civiltà. Dunque, la Massoneria è inscindibile con la civiltà, l’una e
l’altra sono interconnesse, la Massoneria nella sua “essenza” è la parte
ideale e incontaminata della civiltà, è la sua espressione suprema[3].
Lessing scrivendo questi dialoghi due anni dopo la Dichiarazione
d’Indipendenza di 13 province nordamericane, può affermare che una buona
Costituzione è possibile quando esiste una sana e forte Massoneria[4].
Queste caratteristiche della Massoneria sono date non dalle sue espressioni
formali ed esteriori ma si fondano “sul sentimento di spiriti simpatizzanti
in comunione”. Lessing vuol dirci quindi che la vera forza della
Massoneria è la Fratellanza, in quel modo intesa[5]. È evidente che lui non intende la
Fratellanza nel senso della solidarietà interna alla lega dei massoni e neppure
ad una fratellanza dovuta all’iniziazione, ma della partecipazione agli stessi
sentimenti. Ma quali sono questi sentimenti? Lessing non lo specifica, però la
lettura dei suoi Dialoghi lo rende evidente: è il riconoscersi nello scopo
ultimo della Libera Muratoria, nella speranza della sua realizzazione.
Già prima, nei precedenti Dialoghi, il nostro Autore aveva chiarito che la
Libera Muratoria ha tante forme; ora, richiama la nostra attenzione sul fatto
che queste diverse forme si estrinsecano in base alle differenti società nelle
quali sono sorte[6].
La sua spiegazione è poco convincente. Lessing riconosce l’intima debolezza
della Massoneria davanti allo Stato, alla società civile, dicendo che la
Massoneria ovunque e sempre si è adattata e piegata alle esigenze della società
civile, più forte di lei.
Questi passi appaiono alquanto confusi. Che cosa intende Lessing per Massoneria
che si adatta alla società civile, quella astorica che attraversa i secoli con
diversi nomi, compresi i Templari, o quella storica, attuale, che prende
variopinte forme paramassoniche, come i neo-Templari?[7]
Neppure è chiaro se Lessing dia la responsabilità di tale debolezza al fatto
che la Libera Muratoria assume delle forme organizzative, dei rituali e dei
simbolismi storicamente determinati, oppure al fatto che essa nella sua essenza
non si relaziona alla società profana. Nel primo caso, gli aspetti esteriori
sarebbero allo stesso tempo causa e conseguenza della sua debolezza, mentre nel
secondo caso l’essenza della Libera Muratoria si porrebbe trasversalmente a
tutte le organizzazioni massoniche. In tal senso però Lessing verrebbe a
giustificarle tutte in nome di questa essenza. Ambedue le ipotesi mostrano la
fragilità di un tal supposto costrutto logico, che non viene esplicitato a
dovere.
I cambiamenti sociali avrebbero determinato, secondo Lessing, le modifiche
strutturali della Massoneria. A prima vista sembra che Lessing si riferisca ai
diversi ritualismi e alle tante forme di organizzazione paramassoniche. Invece,
il concetto lessinghiana è più sottile. Egli sulla base del pensiero espresso
nei precedenti Dialoghi, per cui gli scopi ultimi della Libera Muratoria
corrispondono agli scopi universali dell’Uomo, vuole asserire che l’
“essenza” della Libera Muratoria è da sempre esistente, identificandosi coi
valori universali umani. È quindi accaduto che questa teleologia massonica la
si ritrovi in forme diverse e diversamente chiamate. Ciò spiegherebbe perché
il termine “massone” appare solo all’inizio del XVIII secolo. Lessing nega
che questo termine possa essere stato usato in periodi precedenti[8].
Ciò non è strano, come sappiamo a Lessing non interessano gli aspetti pratici
della Libera Muratoria né le diatribe sulle sue origini storiche. La sua
visione e la sua ricerca è volta ai principi ideali e a come questi si debbano
realizzare in una visione metastorica. Il discorso lessinghiano è un discorso
sui valori e scopi e non su come la Libera Muratoria debba metterli in pratica
storicamente. Per lui è evidente che ogni applicazione concreta e contingente
è sempre un’alterazione dei valori e scopi stessi. L’unico modo per evitare
tale contaminazione è quello di tenere la Libera Muratoria rigidamente separata
dalle istituzioni dello Stato e della società civile e religiosa. Sembra quasi
che Lessing ricordi i rosacruciani seicenteschi che non si raccoglievano in
un’organizzazione definita e strutturata, ma che singolarmente portavano
avanti un discorso spirituale in cui tutti si riconoscevano e li faceva sentire
affratellati dagli stessi ideali[9].
Questo modo di ricercare una via spirituale di perfezionamento è avvalorato
dalle affermazioni di Lessing sulla Libera Muratoria non fondata sulle “associazioni
esteriori” che degenerano necessariamente in “ordini civili”,
cioè che si profanizzano.
Ecktein, un commentatore dei Dialoghi, dice che “In questa affermazione
Lessing si è palesemente lasciato guidare dall’opinione corrente del suo
tempo che lo Stato sia una trovata e della necessità e della storicità; che
sia un contratto che procede da uno stato di natura dato liberamente”.
L’osservazione è giusta. Infatti, la Libera Muratoria nei suoi aspetti
formali è debole davanti alla società, ma è forte nei suoi ideali, per cui se
essa è costretta alla clandestinità dal potere dello Stato, tuttavia le sue
idee non possono essere fermate e trova sempre le strade per divulgarsi, anche
negli Stati più oppressivi. L’idea è forte in sé, quindi insopprimibile,
mentre le organizzazioni sono in sé deboli, quindi sopprimibili o almeno
alterabili.
Il Dialogo ad un certo punto si fa concitato, con una sequenza rapida di battute
nelle quali Falk nega ogni validità storica ad una serie di eventi ed atti
pubblici riportati, da Ernst, a testimonianza delle antiche origini della Libera
Muratoria. Falk è perentorio e sprezzante su questi documenti: è tutta “Polvere!”.
Dal punto di vista di Lessing la Libera Muratoria è ben altro che
un’organizzazione definita da certi rituali, cerimonie e forme organizzative.
Falk esplode in una velenosa accusa a tutti coloro che cercano di dare una
patente di vetustà alla Libera Muratoria originata in un’epoca o in
un’altra[10].
Critica con forza la mancanza di persone che si oppongono a questo polverone di
falsità, così alto che col tempo queste assumono la forma “di cosa molto
seria, di cosa sacra”. Lessing critica il fatto che ancora sia presente la
logica di considerare per vero ciò che viene ripetutamente scritto da tanti; se
questi non sono stati confutati allora possono esserlo oggi?
Lessing chiude il Dialogo con una lunga esposizione dell’ipotesi che il
termine “mason” derivi non da “masonry”, massoneria, ma
dall’anglosassone di derivazione celtica “masoney”, tavola.
L’ipotesi è chiaramente discutibile, né è mai stata ripresa da successivi
autori massonici, Ma questo importerebbe poco, considerata la ferma convinzione
massonica sul valore della tradizione, anche in campo linguistico. Lessing va
oltraggiosamente contro ogni tradizione. Il fatto che egli prometta di portare
delle prove, in seguito non trova seguito, né le note che dopo la sua morte
furono trovate sono utili, ed inoltre tale ipotesi linguistica non viene
ulteriormente elaborata in altri suoi scritti.
Allora, sorge il sospetto che tutta l’ipotesi sia invece una provocazione che
Lessing oppone alla capacità di saper discriminare tra prove e testimonianze
storiche.
Abbiamo già visto come Falk tratti con sprezzo le “prove storiche” portate
da Ernst. Lessing forse vuol dimostrare che la documentazione storica può
essere facilmente inventata, falsata o male interpretata e che spesso si
prendono per documenti storici quelle che sono dicerie. Lessing butta lì
un’ipotesi di origine storica della Libera Muratoria che si fonda solo su
un’assonanza e similarità di parole; è un gioco troppo rozzo per un
letterato, filosofo e drammaturgo come lui. Sembra più un gioco intellettuale
che una vera ipotesi scientifica. La sua analisi filologica è troppo grossolana.
Sono state trovate delle “Annotazioni critiche” che probabilmente avrebbero
dovuto essere inserite nel Dialogo ma che non appaiono nella stesura a stampa.
È interessante notare che queste note critiche sembrano più appunti per un
eventuale ulteriore sviluppo che prove documentali e, in ultima analisi, non
aggiungono nulla alla affermazioni riportate nel Dialogo.
Però, è difficile comprendere questa forzatura. Perché chiudere un lavoro
speculativo protrattosi per cinque Dialoghi e che ha toccato questioni cruciali
per la Libera Muratoria, con un’ipotesi linguistica così azzardata? Voleva
forse Lessing scrivere altri dialoghi per approfondire altre tematiche ancora più
cruciali? Forse. In fondo, egli chiuse la sua parentesi umana solo due anni dopo
la pubblicazione del quarto e quinto dialogo. Un’ipotesi, niente di più,
potrebbe essere che Lessing in tal modo volesse rompere ogni legame, anche
linguistico, con una tradizione storicamente circoscritta, per dilatarne la
portata oltre i confini di una nazione e di un’epoca. Ma questa ipotesi è
smentita dall’insistenza di Falk nel confinare la parola “masoney”, tavola,
al tedesco. Voleva forse togliere la paternità d’origine all’Inghilterra
per darla alla Germania? Neppure questo, perché Lessing sulla base di presunti
dati storici, da molti considerati ben poco affidabili, alla fine riconduce a
Londra la nascita della Massoneria per opera di Christoph Wren architetto della
chiesa di San Paolo.
Quanta confusione.
Forse, quello era il suo indicibile
“mistero” massonico.
[1]
Inteso come istituzione politica.
[2] Il Massone non deve comportarsi come tale nella vita pubblica e
Lessing pone la questione in forma di metafora. Falk:: “(…) Il Massone
aspetta serenamente il levar del sole e lascia ardere i lumi, finché questi non
vogliono e possono. Non è compito del Massone spegnere i lumi, e una volta
spenti accertarsi se, quando si debbono riaccendere gli stoppini, occorrerà
mettere altri ceri. La metafora non è molto chiara nei suoi aspetti interni,
ma è chiaro il riferimento al fatto che nella veste di Massone non ci si deve
occupare di politica. Con la frase “Il Massone aspetta serenamente il levar
del sole e lascia ardere i lumi”, forse l’Autore si riferisce alla sua
Azione massonica, cioè esemplare, che scorre nel tempo e si ripete ad ogni
levar del sole; con “lascia ardere i lumi, finché questi non vogliono e
possono” forse intende dire che le istituzioni civili e politiche
debbono fare il loro corso senza l’intervento del Massone. Dicendo “Non
è compito del Massone spegnere i lumi”, Lessing probabilmente si
riferisce al fatto che non è compito del massone adoperarsi per un intervento
di cambiamento del regime politico o delle forme di organizzazione politica
dello Stato, né per creare una nuova situazione politica, con nuovi governanti:
“e una volta spenti accertarsi se, quando si debbono riaccendere gli
stoppini, occorrerà mettere altri ceri”
[3] Falk: (…) … Secondo la sua essenza, la Massoneria è
altrettanto antica quanto la civiltà. Entrambe non potevano che nascere
“insieme” [in corsivo nell’originale], anzi la civiltà non è
altro che un rampollo della Massoneria.
[4] Falk: (…) Il distintivo più sicuro di una sana, vigorosa
Costituzione politica, fu sempre quando accanto ad essa, si faceva fiorire la
Massoneria così come avviene ancora oggi.
[5] Falk: (…) Giacché non è in sostanza fondata [la
Massoneria] su “associazioni esteriori” [in corsivo nell’originale],
che tanto facilmente degenerano in “ordini civili” [in corsivo
nell’originale], bensì sul sentimento di spiriti simpatizzanti in
comunione.
[6] Lessing nel quarto
dialogo chiama fratelli i membri di altre organizzazioni massoniche, anche
irregolari. Con una buona dose di
sicurezza, si può dire che egli non distingue le organizzazioni massoniche
sulla base dei rituali e modi di organizzarsi e ancor meno sulle patenti di
“regolarità” date da qualche
Gran Loggia ad alre, bensì sulla capacità e volontà di ricercare il bene
dell’umanità. Dunque, il nostro autore avrebbe una concezione universalistica
della Massoneria.
[7] Falk: (…) Tante quanto varie forme ha avuto la società
civile, di altrettante non ha potuto fare a meno di assumerne la Massoneria;
solo che ogni nuova forma, come naturale, ebbe un suo nuovo nome.
[8] Sembra che lui con questa
affermazione voglia negare l’origine della Massoneria dai muratori operativi
medioevali. Ed infatti in seguito tenterà di far risalire il termine
“massone” ad una etimologia d’origine celtica o anglosassone e non inglese.
[9] “Tra la fine del
Seicento e il Settecento sistemi iniziatici a gradi “rosacrociani”
fioriscono in collegamento con gli “alti gradi” massonici. Il sistema più
importante sembra essere stato quello della Rosa-Croce d’Oro in Germania, i
cui riti, gradi e dottrine sono passati in numerose organizzazioni iniziatiche
moderne. I gradi “rosacrociani” appartengono – più propriamente – alla
storia della massoneria, ma in ambiente massonico nascono anche ordini
rosacrociani separati, che – per il loro interesse più diretto per tematiche
esoteriche (e in qualche caso religiose) – saranno trattati qui in modo
specifico. Il più antico ordine rosacrociano è la Societas Rosicruciana in
Anglia, fondata tra il 1865 e il 1866 a Londra da Robert Wentworth Little
(1840-1878), funzionario della Gran Loggia d’Inghilterra.” da La
tradizione rosacrociana in Cersnur.org
[10] Falk: (…) Di persone
intelligenti ce ne sono troppo poche per poter contraddire fin da principio
tutte le buffonate.
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