Libera Muratoria di forma e Libera Muratoria d’essenza
Il quarto ed il quinto dialogo furono
editi nel 1780, dopo i primi tre, da un diverso editore amico ed ammiratore di
Lessing, che decise di stamparli senza il suo consenso, desiderando “far
luce universalmente su argomenti così importanti”.
I primi tre dialoghi di Lessing si
caratterizzavano per la visione globale dei grandi problemi della società umana
e degli Stati in rapporto alla Libera Muratoria. In essi è palese la carica
ideale rispetto agli aspetti sostanziali della Massoneria e, in verso opposto,
il disinteresse per i suoi aspetti formali, come i rituali, l’organizzazione
interna dei gradi e le cerimonie. In Lessing, la Massoneria non sembra neppure
essere intesa come movimento di pensiero capace di influenzare per la sua
profondità e progressività le vicende contingenti delle società e degli Stati.
Essa è concepita come Opera, ovvero come Azione discreta e fuori dalla storicità
delle vicende sociali e politiche di un singolo Stato. La Libera Muratoria è
Azione esemplare, davanti al mondo, e questa caratteristica di esemplarità è
la sua forza trainante e di cambiamento.
In tale quadro si giustificano le
numerose critiche ad un certo modo di operare dentro e fuori le organizzazioni
massoniche, e alle manifestazioni comportamentali e istituzionali dei massoni di
“forma”, opposti a quelli che Lessing definisce di “sostanza”. Nei primi
tre dialoghi tra il profano Ernst ed il massone Falk, Lessing guarda
criticamente, quando non sdegnosamente, tutto ciò che si enuncia come
intromissione, all’interno del pensare e dell’agire liberomuratorio, di
valori e comportamenti che negano l’idea di uguaglianza degli uomini.
È interessante osservare che Lessing
è una strana figura di illuminista. Egli non propaganda l’uguaglianza tra gli
uomini, ma condanna le disuguaglianze che separano gli uomini. Non sbandiera la
tolleranza come valore universale, ma disapprova l’intolleranza di ceto
sociale e di fede religiosa. Non parla di libertà, ma questa è l’innominata
conseguenza di un nuovo ordine di rapporti umani da lui auspicato. Egli ha una
visione polare della realtà, da una parte c’è il mondo profano con le sue
nequizie conseguenti alle naturali differenze tra popoli e connaturate alle
forme organizzative delle società umane e dall’altra parte c’è una società
ideale che ha superato differenze e disuguaglianze, una società dove c’è una
religione universale, uno stato mondiale e gli uomini realizzano il loro diritto
alla felicità. Singolare è però la convinzione che questo senso
universalistico non sia realmente attuabile con le sole capacità delle
istituzioni umane e che la Libera Muratoria sia la sola forza capace di
realizzarlo.
Egli non si pone alla stregua dei
utopisti della sua epoca[i],
la sua è una visione speculativa che si riassume nella realizzazione, non
definita concretamente, di vagheggiate istituzioni statali e civili capaci di
assicurare la felice convivenza degli uomini, senza le soperchierie di alcuni
sui tanti. Il suo è un illuminismo che potremmo definire teorico se non
addirittura letterario. Egli rifugge da ogni azione di rivolta sociale, di
intervento politico, di azione concretamente definita per il cambiamento della
realtà. La sua società ideale è proiettata in un futuro non storicamente
prefigurato, un di là da venire per opera di un’Azione esemplare che solo la
Libera Muratoria può concretizzare.
Un altro aspetto molto interessante
è che Lessing non configura la Libera Muratoria come “lega” iniziatica. Nei
cinque dialoghi questo aspetto del valore iniziatico della Massoneria non viene
preso in considerazione, quasi che per Lessing tale valenza iniziatica potesse
scavare un fossato invalicabile tra il massone ed il non massone. Per lui, la
Massoneria è un fenomeno speciale, è universale perché in essa si
rispecchiano i valori universali umani e, pertanto, si può essere
“essenzialmente” massoni anche senza essere iniziati, poiché l’unica cosa
che conta sono il credere in quei valori universali e nel metterli in pratica
con i personali comportamenti.
Vediamo allora che Lessing si pone
fuori da ogni schema tradizionale, anche odierno, della Libera Muratoria,
sostenendo una visione ascetica dell’Opera massonica senza essere un mistico,
né potrebbe esserlo, date le sue convinzioni in campo religioso. Dai Dialoghi
non traspare alcun senso del sacro e ancor meno di esoterico; la sua visione è
netta, pulita, scevra di ogni intellettualismo idealistico. Sembrerebbe un
razionalismo intangibile, se non fosse evidente la profondità di sentimenti che
muovono il suo pensiero, ma senza il sentimentalismo che caratterizzerà molti
aspetti del romanticismo tedesco. Lessing espone una visione ideale metastorica
senza fare dell’idealismo filosofico. Azzarderei a dire che Lessing vede la
Libera Muratoria storica, quella che nasce in Inghilterra e si propaga in Europa,
quale semplice realtà operativa che non esprime necessariamente la sua essenza
e questa essenza, a sua volta, dunque, può essere a lei intrinsecamente
estranea, perché scaturisce dai profondi e sostanziali bisogni umani, non da se
stessa. Questo è ciò che vuole dirci, nel quinto dialogo, asserendo che la
Massoneria è sempre esistita[ii].
Nel quarto dialogo, quando Ernst è
diventato anche lui massone, la critica si fa più serrata, denunciando ciò che
mina la credibilità della Libera Muratoria e la sua idealità. Entrando nelle
questioni interne della Libera Muratoria, Lessing affronta tre tematiche
fondamentali: 1) i lavori massonici a carattere esoterico-occultista e
paramassonico, 2) i rituali spuri e le organizzazioni pseudo-massoniche come i
neo-templari, 3) il significato della loggia nella Libera Muratoria.
Egli dà molta rilevanza a tali
tematiche ed infatti connota il dialogo di un tono drammatico, con lo scambio
concitato di domande e risposte tra i due protagonisti, Ernst e Falk.
Nei precedenti dialoghi Lessing aveva
talvolta condito lo scambio di battute tra Ernst e Falk di una gradevole
sfumatura di ironia. In tal modo le critiche pungenti erano smorzate e lo stesso
dialogo si faceva interessante per i sottointesi ed i rimandi a realtà
contingenti, accentuando lo stacco tra l’impronta ideale del pensiero
massonico lessinghiano e la pratica massonica del suo tempo.
In questo dialogo, l’ironia pervade
ogni scambio di battute tra Ernst e Falk. In diverse occasioni l’ironia si fa
tagliente e rasenta il sarcasmo, a sottolineare quasi un sotteso sconforto
dell’Autore nei confronti di una Massoneria che contraddiceva, in ogni sua
forma, l’ideale, da lui profondamente sentito.
A distanza di più di due secoli, per
noi è difficile cogliere in pieno tutti i sottili riferimenti agli aspetti
negativi di una Massoneria formale denunciati da Lessing, tuttavia è
interessante osservare che l’Autore seppe individuare quelle che erano le
fondamentali contraddizioni di una Massoneria d’apparato e che possiamo
ritrovare nella pratica massonica odierna. Lessing denunciava le piccolezze
umane che minano ogni ideale che si vuol rendere concreto e le sue denunce
conservano tutta la loro vitalità dopo due secoli.
Sembra che Lessing riponga la sua
speranza, per la sopravvivenza storica della Massoneria, nella sua “essenza”,
che la connota come forza metastorica, capace di influire sui destini umani. Il
suo è un “J’accuse” alla riproposizione delle disuguaglianze sociali, di
censo e di moralità, dentro la vita di Loggia. In realtà, credo, ciò che lo
angustia profondamente, è la mancanza del senso ideale nei massoni d’apparato.
La stesura dei Dialoghi vuol essere un’operazione pedagogia, è il far nascere
nei Liberi Muratori, alle primi passi del percorso massonico, il senso
d’idealità che lui prova.
Credo, con la sua speranza di
conservare l’essenza della Massoneria, che egli sottovaluti l’importanza
della funzione dell’ “apparato” massonico per la sopravvivenza della
Massoneria tout court. Il vero problema, probabilmente, non sta nella dicotomia
che Lessing pone tra “forma” ed “essenza” della Massoneria, ma,
piuttosto, nella sottile differenza tra un apparato fine a se stesso, funzionale
ad un potere personale del Gran Ufficiale di Gran Loggia o dell’Ufficiale di
Loggia, nei loro riduttivi e contingenti ambiti, ed un apparato che
implicitamente si riconosce come storicamente necessario per la sopravvivenza
della Massoneria. Naturalmente, il Gran Ufficiale o l’Ufficiale di Loggia
d’apparato possono essere ignari della propria funzione metastorica, eppure,
svolgerla ugualmente. In fondo, mi sembra che ciò sia inconsapevolmente
suggerito da Lessing con la difesa d’ufficio, da parte di Falk, delle pratiche
pseudo-massoniche e delle organizzazioni para-massoniche come sopportabili, se
il loro risultato è quello del bene umano.
In questo quarto Dialogo la
discussione si avvia con l’intervento esasperato di Ernst, alle prime
esperienze di vita massonica, che accusa Falk, il suo mentore, di averlo fatto
illudere in merito a ciò che la Libera Muratoria avrebbe dovuto essere. Il
dialogo si sviluppa con pathos fino a terminare con l’intervento di Falk
contro le pseudo-massonerie.
Lessing però non è un acre
polemista come molti scrittori del suo tempo, fortemente critici su tanti
aspetti della vita sociale del loro tempo, e smorza l’irruenza di Ernst con le
battute sottilmente ironiche di Falk. Questo però non si esime da critiche
severe nei confronti di una Libera Muratoria priva di idealità, anche se si
sforza di assumente toni concilianti ed argomentazioni accomodanti. Però, sotto
tale pacatezza si individua una ferma e severa critica alla massoneria formale
ed ai Massoni di superficie.
Lo sfogo iniziale di Ernst si rivolge
a tutti quei massoni che, disinteressandosi degli scopi ultimi della Libera
Muratoria, preferiscono lavorare su temi esoterici come l’alchimia o temi
occultisti come lo spiritismo o pseudostorici come l’origine templare della
Libera Muratoria.
Lessing non dà molto peso a questi
interessi e studi, considerandoli come aspetti formali del lavoro massonico, nel
senso che possono non avere alcuna importanza rispetto agli scopi ultimi della
Libera Muratoria oppure potrebbero essere una via, anche se strana, per giungere
sempre agli stessi scopi. Egli ancora una volta dimostra di non avere
un’attenzione speciale ai fatti contingenti della Libera Muratoria; per lui
ogni strada può essere buona purché sia chiaro e fermo il profondo scopo
liberomuratorio, quello della liberazione dell’umanità dai mali che
l’affliggono; purché si arrivi a combinare gli ideali universali umani con
quelli liberomuratori. Egli ribadisce pure in questo dialogo che non è dovuto
che tutti gli uomini diventino dei Liberi Muratori, perché i “supremi
doveri della Massoneria” possono essere realizzati anche senza essere
Liberi Muratori.
La distinzione tra massoni di forma e
massoni di sostanza richiama la teoria lessinghiana del rapporto tra scultura e
pittura da una parte e poesia, dall’altra, espressa nell’opera “Lacoonte”.
Qui Lessing pone la querelle molto viva nel suo tempo, della differenza tra
l’arte muta, scultura e pittura e l’arte verbale, la poesia, dove la prima
rappresenta la formalità della manifestazione fisica, del corpo nella sua
dinamicità scolpita o dipinta nel suo singolo momento di massima espressività
complessiva e la poesia, vista invece come azione che si dipana nel suo
svolgimento e sintetizzata nel periodare di massimo effetto. Il gruppo scultoreo
rappresenta l’agonia dei corpi straziati dal serpente inviato dal dio per
punire Lacoonte ed i suoi figli; è il flash dell’istante di massima
rappresentazione, composto quanto drammatico. Al contrario è nella poesia che
si urla tutto lo suo strazio umano, immettendo la scansione dei versi come
scansione di tragedia che si fa umana, di tutta l’umanità[iii].
Nel pensiero massonico di Lessing il
massone di forma non agisce, non dipana la sua opera nel tempo ma solo
nell’accadimento storicizzato del lavoro di loggia, che si apre e si chiude
nella singola tornata. È lavoro quindi che non si proietta nel complesso
coordinato e teleologico dell’Opera massonica; piuttosto esso si rappresenta
come la balbettante reiterata ed inespressiva replica delle frasi del rituale
memorizzato e non testimoniato. Il massone di sostanza, al contrario, sviluppa
la poesia dell’azione massonica che prosegue nel tempo; forse non sa ripetere
a memoria e legge, ma la sua è lettura poetica, canto corale dei fratelli che
si fanno cerimonieri della subsostanzialità massonica, proiettati, sull’onda
dell’essenza, alla realizzazione della teleologia massonica.
È necessario ricordare che nella
Libera Muratoria del XVIII secolo imperversavano ricerche delle sue leggendarie
origini, elaborazioni di rituali complessi quanto astrusi, un nascere di ordini
d’ogni tipo ispirati alla Libera Muratoria originale ma che in nulla le
assomigliavano. Tutto questo agitarsi era tipico dell’epoca, ricca di ricerche
e scoperte scientifiche frammiste ad interessi esoterici molto vivaci.
Lessing rimane ai margini di questo
vivace quanto confuso ambiente culturale. La sua visione della Libera Muratoria
è stranamente moderna, infatti, come vedremo più avanti, la sua è una visione
rarefatta sia degli ideali massonici sia delle manifestazioni ritualistiche.
Egli può essere considerato un vero precorritore di quella Libera Muratoria che
si svilupperà in Inghilterra e che si concretizzerà e riconoscerà nel rituale
Emulation ottocentesco. L’occhio attento e smaliziato di Lessing vedeva in
quel mondo variegato che ruotava attorno alla Libera Muratoria e che molto
spesso in essa si inseriva, una sorta di desiderio di certezza, di un’unica
via “reale”. In lui, uomo dai
variegati e sofisticati interessi e di grande sensibilità intellettuale, non
poteva non sorgere la domanda se “tutte
queste piste”, in sé discutibili e confondenti, avessero avuto di buono
la ricerca del vero cammino massonico[iv].
Wanner, commentando questo punto del
dialogo, sostiene che tutti questi “sognatori”,
come lui li definisce, si distinguono nel loro bisogno di chiarire “l’origine e lo scopo della vita” da tutti gli altri che sono
indifferenti, abitudinari e interessati “solo
se lo stomaco ed il borsellino sono pieni”.
Anche Merzdorf, altro acuto
commentatore di Lessing, rileva in questo suo passo sugli studiosi massoni di
alchimia e spiritualismo, una certa positività, nella misura in cui
essi sono spinti da un sincero “bene
dell’umanità”.
Come già detto[v],
il nostro Autore rimase deluso dalla vita di loggia ed ora con toni rudi
ironizza su chi fa alchimia, chi spiritismo, chi templarismo e altro, facendo
asserire ad Ernst che costoro, troppo presi dai loro esoterismi, non sanno
rispondere alla fondamentale domanda su quale sia la speranza della Libera
Muratoria.
Falk, il mentore, cerca di recuperare
il senso di quegli studi esoterici nei termini di una tensione alla “realtà”, ipotizzando che tutte queste strane piste possono alla
fine condurre alla vera via massonica. Lessing sorvola sul valore concreto o
ideale di quei percorsi esoterici, ma è molto chiaro sul fatto che questi studi
e l’azione di chi li svolge, per essere giustificabili, si debbano riconoscere
nella teleologia liberomuratoria. Tuttavia, la sensibilità di un lettore
attento non può ignorare una certa ambiguità nel discorso e una debolezza
d’argomenti.
Lessing facendo domandare a Falk in
che cosa deve sperare un Maestro Muratore[vi], dà anche la risposta.
Quando Ernst si riferisce alla Massoneria
scozzese (corsivo dell’autore), al Cavaliere di Scozia, come la speranza
che altri massoni gli offrirebbero, implicitamente si richiama al lungo percorso
dei 33 gradi per far parte di quella ristretta elite che sola possederebbe la
conoscenza. In realtà quel suo esasperato ripetersi del termine speranza[vii],
manifesta un tono sarcastico. Inoltre, in queste rapide battute tra Ernst e
Falk, s’afferma una rottura netta e drammatica con la massoneria e
para-massoneria solo interessata ad astrusi rituali e alla riproposizione al suo
interno delle differenze che impediscono l’uguaglianza degli uomini[viii].
Merzdorf, in questo riferimento alla
Massoneria scozzese, commenta che Lessing
voglia sostenere che tutta la conoscenza massonica si concentra
nell’Apprendista e che se esistono altri due gradi ciò dipende solo da un
attaccamento alle allegorie e simbolismi di una antica Libera Muratoria
operativa. In tal modo Lessing ci direbbe che la via liberomuratoria è una via
iniziatica di continuo apprendistato. Tale interpretazione sarebbe abbastanza
fondata considerando la concezione idealistica di Lessing per la Libera
Muratoria, anche se la ritengo un poco forzata. Infatti, in questa fase del
colloquio il nodo della discussione tra Ernst e Falk non si riferisce a ciò che
la Libera Muratoria dovrebbe essere, ma più precisamente a ciò che non
dovrebbe essere; inoltre, la questione dei gradi per Lessing non sembra assumere
un particolare significato, valutando questi aspetti della Libera Muratoria come
epifenomenici rispetto al suo scopo ultimo.
Tornando allo scambio di battute tra
Ernst e Falk, osserviamo che l’idealità massonica di Lessing, al limite
dell’astrazione utopistica, però si fa tentennante. Da una parte, con le
parole di Ernst, mostra la disistima verso questi percorsi e la loro evidente
inutilità e, dall’altra parte, con le parole di Falk, esprime la benevola
considerazione dell’onestà di pensiero di coloro che seguono tali “piste”
nel desiderio di un bene universale. Infatti, per Falk, nelle organizzazioni
massoniche o paramassoniche possono
esserci anche delle persone tese veramente al bene universale dell’umanità e
che pertanto possono essere considerati dei veri massoni.
Differenziandomi da alcuni suoi
commentatori, ritengo che l’Autore biasimi sostanzialmente queste piste
alternative, eppure parallele alla Libera Muratoria, tanto da chiamare “progetto
bizzarro” la “reintegrazione dei
Templari” nella società del XVIII secolo e che il recupero dei “sognatori”[ix]
sia un recupero di maniera. Lessing, che molti considerano l’antesignano del
romanticismo tedesco, mostra un idealismo edificato sui sentimenti e ben poco
sulla ragione. La difesa dei “sognatori” in queste battute di Falk appare un
costrutto razionale portato all’estremo e argomentativamente inefficace. Per
dare maggior forza all’indulgenza di Falk, Lessing carica la dose facendogli
dire che se lo scopo è quello di attrarre neofiti nell’ordine massonico,
comunque organizzato, non potranno che attrarre le menti da fanciulli, ma
diventati questi adulti si emanciperanno da queste immaginazioni[x].
Improvvisamente Lessing pone
all’attenzione del lettore uno degli aspetti più conturbanti per i non
massoni, quello del segreto. L’inserimento repentino e breve di questo nuovo
tema è giustificato stilisticamente dal fatto che Lessing era un affermato ed
applaudito drammaturgo ed infatti i suoi dialoghi hanno le caratteristiche di
piccole pièce teatrali con i loro trucchi atti a sostenere la tensione
all’ascolto. Però, più importante è osservare che anche all’epoca di
Lessing, la Libera Muratoria era fortemente attaccata da molti ben pensanti e
sospettata dal potere politico, proprio per i suoi “segreti”. In realtà, già
allora circolavano molti testi che avevano svelato tutto dei rituali e delle
cerimonie liberomuratorie. In definitiva, non esistevano veri e propri segreti,
anche se ai detrattori ed ai poteri politici era comodo farlo credere.
Lessing anche su questo argomento si
mostra molto attuale. La sua idea del segreto massonico, distinguendo tra “i
segreti” ed il “segreto”, discerne tra ciò che non è opportuno divulgare
e ciò che appartiene alla sfera del mistero massonico. I segreti sarebbero gli
aspetti esteriori della Libera Muratoria, le simbologie, i segni, le parole di
passo, mentre il mistero sarebbe il “senso” che a tutto ciò verrebbe dato.
Ancora una volta Lessing distingue tra forma ed essenza liberomuratorie; le
forme esteriori sono la struttura apparente ed essa diventa essenziale solo se
queste forme esteriori sono giustificate e supportate dall’intimo significato
che in esse si scopre. Questa scoperta è il modo per attuare gli scopi ultimi
della Libera Muratoria. Scoprire il “segreto” è il processo di
perfezionamento del proprio spirito: questa è la via massonica da percorrere
per diventare soggetto esemplare nella storia umana.
Falk, per meglio spiegare le
differenze tra segreti e mistero riprende in toni fortemente critici il discorso
sui Templari[xi].
Non è chiaro se Lessing sia d’accordo su questa “parentela”, come lui la
chiama, tra Templari e massoni. Sembra che Lessing, pur negando una discendenza
diretta dell’Ordine massonico da quello templare, tuttavia consideri i
Templari come i massoni della loro epoca. Questo concetto, che verrà
approfondito nel quinto dialogo, vuol significare che gli ideali massonici e
quelli dei Templari erano molto vicini e che ambedue si sforzavano e si sforzano
di combinarsi con gli ideali universali dell’Uomo.
Alcuni suoi commentatori[xii]
ritengono che Lessing si riferisca ad una critica al cristianesimo come
religione contaminata, che dovrebbe essere purificata per allontanare i mali
dell’umanità, sia materiali che spirituali. È vero che Lessing in altri suoi
scritti criticò il cristianesimo in questi termini, portando avanti le
posizioni deiste, ma non mi sembra che nei Dialoghi l’intento di Lessing fosse
questo. Infatti, nei cinque Dialoghi la scopo ultimo di Lessing sembra essere
piuttosto quello di distinguere tra ciò che è l’essenza della Libera
Muratoria e ciò che è epifenomenico, storicamente e culturalmente determinato,
sia nella Libera muratoria sia nel mondo profano. Lessing non prende mai di
petto né ragiona in questi Dialoghi sulla religione in sé, specialmente quella
cristiana, mentre è molto puntuale nella critica dello Stato e delle
Costituzioni. Questi ultimi, assieme alla religione intesa come istituzione,
vengono definiti come forme storiche e contingenti della società, con le quali
la Libera Muratoria nulla dovrebbe avere a che fare in termini pratici.
Piuttosto, una vera Libera Muratoria dovrebbe porsi in termini di
perfezionamento mediante l’Azione esemplare. Ciò che giustifica la necessità
storica della Libera Muratoria è, dunque, il perseguimento del suo scopo
ultimo, piuttosto che il modo per raggiungerlo.
Ernst si scaglia con veemenza contro
l’assenza di idealità. Nelle logge non vede altro che le “bambinaggini”,
non sente quello spirito di uguaglianza che non fa distinzione tra le religioni,
che supera le “differenziazioni borghesi.
Senza far danno all’uno per il vantaggio dell’altro”. Lessing si
richiama ad una lunga e lacerante polemica tra le organizzazioni massoniche
tedesche, e non solo, del suo tempo, sulla partecipazione o esclusione alle
logge di membri di altre religioni, in particolare gli ebrei. Alcune
organizzazioni ritenevano la massoneria una lega di cristiani che non poteva
ammettere credenti di altre fedi. Con il suo spirito idealistico e fermo nel
rispetto delle regole massoniche, Lessing rifiuta ogni forma di discriminazione,
civile e religiosa, sull’appartenenza ad una loggia, in linea con la Gran
Loggia alla quale apparteneva. Questa dura presa di posizione contro la
discriminazione per fede o per censo è manifestata nelle parole di Ernst,
quando sbotta facendo l’esempio dell’ “ebreo
illuminato” o dell’ “onesto
calzolaio” o del “fedele,
sperimentato ed approvato domestico”, da far entrare in loggia. Nello
stesso passo, Lessing denuncia che le logge sono piene di persone di alto
lignaggio familiare, economico o artistico, ma molto carenti di persone comuni,
negando nei fatti la sbandierata uguaglianza tra gli uomini e tra i massoni.
Si è già visto come Lessing
guardasse con sospetto tutte quelle logge piene di eminenti personaggi e
poverissime di persone normali. Ma qui le sue affermazioni si fanno chiare e
nette. Lessing per bocca di Ernst dice che in quelle logge di “buona
società” ci sono “Principi, conti,
signori, ‘von’, ufficiali, consiglieri d’ogni genere, commercianti,
artisti. Tutti questi certo senza distinzione si aggirano tra di loro nelle
Logge. Ma in effetti tutti quanti di una sola condizione e questa purtroppo…”.
Quei punti di sospensione sono un monumento di ironico dileggio.
Falk è abbastanza d’accordo e ci
tiene a precisare che da tempo è lontano dalla vita di loggia, che considera
l’appartenenza alla Libera Muratoria come cosa diversa dalla presenza in
loggia e che la frequentazione della Loggia non dà la patente di Massone.[xiii].
Con questa frase Lessing consacra la sua distanza dalla vita pratica massonica e
nel contempo la sua fedele appartenenza alla Libera Muratoria. Per lui Loggia e
Massoneria stanno come Chiesa e Fede. La prosperità di una chiesa non dimostra
la fede dei suoi membri. Per Lessing la prosperità esteriore non può
coesistere con la fede sincera e fa scandalizzare Falk rispetto agli affari che
le logge fanno e che nelle logge si fanno[xiv].
Il nostro Autore pone sul piano degli
affari la sua critica ai comportamenti di certe logge, ma siamo sicuri che la
sua critica sia solo su questo piano? O piuttosto non ci vuole forse manifestare
il suo biasimo per le logge che fanno entrare masse di apprendisti che poi non
saranno seguiti in modo opportuno, in cui ci sono Ufficiali di Loggia privi di
spessore massonico e tutti dediti più a far carriera nel mondo profano e in
quello iniziatico? In queste logge non si troverà mai la vera Massoneria, ma
forse, Falk spera, che tutto ciò non durerà, perché “In
verità, niente dura in eterno” e sarà la Provvidenza
a “por fine a tutto l’attuale
schema della Massoneria”. Falk precisa che per schema intende “involucro,
rivestimento”, dunque, nulla di essenziale.
Il dialogo si conclude con
l’affermazione di Falk a Ernst “Tu però
non crederai che i Massoni abbiano sempre fatto la massoneria”. Ernst non
capisce, ma Falk non chiarisce e vuole andare a tavola con i suoi ospiti,
raccomandandosi di non parlare di queste cosa a tavola.
Il dialogo non si poteva chiudere in
modo più ironico.
[i] Lessing non prefigura un
nuovo ordinamento, a differenza di quegli utopisti che, spesso, senza vera
coscienza di classe, pur tuttavia prefiguravano un ordinamento istituzionale
borghese. In questi dialoghi Lessing non esprime alcuna coscienza di classe,
accetta l’ordinamento attuale senza contestarne le sue istituzioni.
[ii]
Quinto Dialogo. Falk: (…) … Secondo
la sua essenza, la Massoneria è altrettanto antica quanto la civiltà. Entrambe
non potevano che nascere “insieme” [in corsivo nell’originale],
anzi la civiltà non è altro che un rampollo della Massoneria.
[iii] Era
Laocoonte a sorte eletto
sacerdote a Nettuno; e quel dí stesso
gli facea d’un gran toro ostia solenne:
quand’ecco che da Tènedo (m’agghiado
a raccontarlo) due serpenti immani
venir si veggon parimente al lito,
ondeggiando coi dorsi onde maggiori
de le marine allor tranquille e quete.
Dal mezzo in su fendean coi petti il mare,
e s’ergean con le teste orribilmente,
cinte di creste sanguinose ed irte.
Il resto con gran giri e con grand’archi
traean divincolando, e con le code
l’acque sferzando sí che lungo tratto
si facean suono e spuma e nebbia intorno.
Giunti a la riva, con fieri occhi accesi
di vivo foco e d’atro sangue aspersi,
vibrâr le lingue, e gittâr fischi orribili.
Noi, di paura sbigottiti e smorti,
chi qua, chi là ci dispergemmo; e gli angui
s’affilâr drittamente a Laocoonte,
e pria di due suoi pargoletti figli
le tenerelle membra ambo avvinchiando,
sen fêro crudo e miserabil pasto.
Virgilio, Eneide, Libro
II, vv. 340-362 nella traduzione di Annibal Caro.
[iv]
Parlando di chi ha incontrato in loggia, Ernst:
Oh quelli! Quelli sanno così tanto! Quelli si aspettano così tanto! L’uno
vuol fabbricare l’oro, l’altro vuol evocare gli spiriti, il terzo vuole
reintegrare i + + + [Templari].
Tu sorridi… e sorridi “soltanto” [corsivo in originale]?
Falk: Cosa altro posso fare?
Ernst: Mostrare sdegno per tali teste balzane!
Falk: Se “una” [corsivo in originale] cosa non mi riconciliasse con loro.
Ernst: E che cosa?
Falk: Il fatto che io, in tutte queste chimere, riconosco un tendere
alla realtà, e che si lasciano trascinare da tutte quelle piste, la dove va
la vera via.
[v]
Negli altri miei commenti ai primi tre dialoghi di Lessing.
[vi]
usando l’antico termine di Cavaliere di Scozia che poi cadrà in disuso.
[vii]
“… Ma c’è solo speranza, e ancora speranza e niente altro che speranza!”
[viii]
Con uno scatto d’esasperazione Falk esplode sarcastico: “(…) Vedono e sentono
giusto questo punto i Massoni che ora sono tutti presi dai + + + [Templari
del XVIII sec.]: beati loro! Felice il
mondo! Sia benedetto tutto quello che essi fanno! Tutto quello che lasciano in
eredità! Ma quel punto essi non lo riconoscono e non lo sentono; una semplice
omonimia li ha ingannati; il Massone che lavora nel tempio li ha semplicemente
riportati ai + + + ; essi si sono scioccamente innamorati della - - - [croce
rossa] sul - - -
[mantello bianco], vorrebbero
volentieri poter suddividere tra loro e i loro amici lucrosi - - -
[mantelli bianchi] e ricche prebende; … e allora ci conceda il cielo tanta pietà
affinché noi ci si possa trattenere dal
ridere!”
[x]
Falk: Ma i bambini diventano uomini!
Lasciali fare! Come ho già detto basta, che io nel trastullo scorga le armi,
che un giorno con mano sicura gli uomini maneggeranno.
[xi]
A proposito della supposta “parentela” tra Massoni e Templari dice Falk:
“(…) se si continua a farne un
segreto di codesta parentela, che si dovrebbe anzi manifestare con più
fermezza e chiarire semplicemente il punto, in cui di dice che i + + + [Templari]
furono i Massoni del loro tempo.
[xii]
Merzdorf, Eckstein e Wanner.
[xiii]
Falk: (…) Da troppo lungo tempo
sono fuori da ogni relazione con Logge, di qualsiasi genere. Ora, come un
tempo, non poter essere ammessi nella Loggia ed essere esclusi dalla
Framassoneria sono due cose differenti.
[xiv]
Il commentatore Eckstein riporta alcune piccanti notizie inerenti i cospicui
emolumenti decretati nel 1766 dal Fr. John Chritian Schbert, barone di
Kleefelde, della Loggia di von Zinnendorf
(1730 talleri d’oro all’anno) da dare agli ufficiali principali di
loggia ed anche ad altri ufficiali minori ed inoltre la proposta di avviare
delle iniziative imprenditoriali con i ricavi delle iniziazioni, molto onerose.
I proventi di queste iniziative imprenditoriali (una fabbrica per la seta ed
una manifattura tabacchi) sarebbero andati in iniziative di pubblica utilità.
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