La teoria dello stato e la
funzione storico-ideale della Libera Muratoria
Lessing vive in un periodo storico in
cui le concezioni del potere statuale derivato dal diritto divino viene
fortemente contestato. Gli stati ed il potere istituzionale stanno perdendo la
più importante giustificazione al proprio esistere. In mancanza di ciò il
potere si sente squilibrato,non riuscendo a sviluppare delle giustificazioni
incontrovertibili e inappellabili al proprio sussistere. Né il potere
assolutistico riesce ad elaborare una propria teoria dello stato capace di
contrastare le idee illuministiche e rivoluzionarie che stanno affiorando in
Europa.
È questa un’epoca di grandi
dibattiti sulla funzione dello Stato e più in generale sulle istituzioni civili,
le teorie si moltiplicano e le menti più sensibili formulano teorie ed ipotesi
anche contrastanti.È questa un’epoca di grandi dibattiti sulla funzione dello
Stato e più in generale sulle istituzioni civili, le teorie si moltiplicano e
le menti più sensibili formulano teorie ed ipotesi anche contrastanti.
Lessing sviluppa il tema della
necessità delle istituzioni civili e religiose come mezzo per l’ottenimento
della felicità dei singoli. Così facendo aggira le teorie che congetturano
sulla necessità umana di darsi regole e leggi che giustificano le istituzioni
vigenti, come il diritto positivo; allo stesso tempo, pur sposando le tesi del
giusnaturalismo, che concepisce le istituzioni e le leggi come espressioni di
principi e valori universali, sposta
il focus del discorso sul bisogno umano di felicità. Per Lessing lo scopo
principe delle istituzioni dovrebbe essere quello di assicurare l’eliminazione
delle disuguaglianze per raggiungere la felicità dei singoli e dei popoli. Tale
discorso, come è evidente, passa dal riconoscimento di diritti universali alla
dichiarazione dello scopo finale delle Costituzioni e delle istituzioni sociali,
politiche e religiose, richiamando ciò che nella Dichiarazione d’Indipendenza
americana era appena stato solennemente dichiarato e anticipando ciò che Kant
poi sosterrà nel legame tra libertà e felicità[i].
Con questo dialogo Lessing vuole
costruire una teoria liberomuratoria dello Stato. Questo, nella sua espressione
più alta, la Costituzione, è un mezzo parziale ed inadeguato e come tale
fallibile, per il raggiungimento della felicità dell’umanità. Per Lessing è
irrealizzabile uno stato mondiale, perché è impossibile eliminare le
differenze naturali tra gli uomini. Ogni uomo, oltre che tale nella sua natura,
è anche un “certo” uomo, differenziato per paese e cultura.
Lessing in questo dialogo precorre le
idee marxiane della suddivisione in classi della società, ma a differenza di
Marx considera ciò inevitabile; in Lessing infatti non esiste il concetto del
“conflitto” come motore della storia. La suddivisione è data dalla
ricchezza e dalla povertà e non come in Marx dalla divisione sociale dei mezzi
di produzione. La posizione di Lessing è più semplicistica ed ingenua e da ciò
ne deriva la sua visione di ineluttabilità delle classi e delle conseguenti
disuguaglianze, che Marx nega.
Da ciò ne consegue una visione
lessinghiana sostanzialmente pessimista: l’umanità non ha in sé la capacità
di eliminare le differenze da cui derivano sia le classi sociali, sia gli
antagonismi tra popoli e nazioni e le conseguenze negative di questi antagonismi.
Sembrerebbe che una visione di tal fatta non possa trovare via d’uscita, ma
Lessing è un massone e vede nella Libera Muratoria l’unica possibilità di
riscatto. Sembrerebbe che Lessing cada in un’aporia logica ed ideologica tra
il considerare l’umanità incapace di elaborare degli strumenti di soluzione
ed il vedere nella Libera Muratoria la soluzione, senza considerare che anche la
Libera Muratoria è un prodotto del pensare e dell’agire umano; in realtà per
Lessing la Libera Muratoria non è un prodotto del pensiero o dell’azione,
bensì è una “necessità” connaturata all’essere umano. Come s’è visto
nel Primo Dialogo, la Libera Muratoria è da Lessing considerata come una
“necessità” umana e sociale, poiché metastorica e l’unica vera
rappresentativa degli ideali universali dell’uomo.
Per Lessing il solo modo per
prefigurare un mondo senza iniquità risiede nell’azione della Libera
Muratoria. Compito civile di questa dovrebbe essere indurre lo Stato a farsi
mezzo di realizzazione delle felicità umana.
Lessing considera la società come un
dato di fatto, al punto che se ognuno fosse capace di autogovernarsi non ci
sarebbe bisogno di alcuna organizzazione di governo. Però nel suo realismo
pessimista, non vede negli uomini questa capacità. Partendo dal presupposto che
il vero compito dello Stato e della Costituzione dovrebbe essere quello di
favorire la felicità dei singoli in modo che l’insieme delle singole felicità
costituiscano la felicità dello stato, Lessing rimane scettico. Finché
esistono alcuni che soffrono, lo stato è una tirannia mascherata.
Lessing puntando l’accento sulla
strumentalità delle istituzioni nega a queste ogni patente di inevitabilità,
cioè le istituzioni non sono dovute e per di più, essendo umane, sono
imperfette, dunque criticabili. Le istituzioni possono fallire il loro scopo (consentire
la felicità) o addirittura negarlo. Non esistono Costituzioni ottimali, proprio
per la loro fallibilità umana. Le differenze tra gli uomini e quindi i
differenti interessi impediscono che si possa giungere ad una Costituzione
ottimale, tale da essere accettata a livello mondiale, con uno stato mondiale.
Lo Stato che dovrebbe assicurare la felicità è in realtà anche strumento di
divisione tra i popoli.
Falk, il suo personaggio chiave,
delinea il concetto di segretezza liberomuratoria come qualcosa di vero che non
può essere detto pubblicamente. A cosa si riferisce Lessing? Al fatto che
la segretezza è dovuta alla presenza di uno stato o di un governo che
non consente l’espressione di certe teorie o invece il segreto è dovuto al
fatto che la generalità degli uomini ancora non è pronta per comprendere tali
innovative concezioni sociali?
La critica di Lessing si amplia
dall’organizzazione dello stato alle sue leggi. Implicitamente ci dice che
anche la concezione del “diritto naturale”, o giusnaturalismo, è in sé
parziale e ambigua perché inserendo i valori universali nella propria
Costituzione, comunque ciò non è sufficiente venendo a mancare uno scopo
ultimo. In altri termini, il giusnaturalismo è un riconoscimento razionale dei
diritti umani ma non il riconoscimento ideale del perché quei diritti
universali devono essere applicati con le leggi opportune.
Per Lessing il discorso sullo Stato
si intreccia con quello sulla religione.
Bisogna subito ricordare che Lessing
era un deista e come tale distante da ogni chiesa istituzionale, il suo punto di
vista è quindi fortemente critico, proprio nei riguardi
dell’istituzionalizzazione della religione.
In uno Stato mondiale dovrebbe
esserci una religione mondiale, unica e sola. Nel pensiero di Lessing la
religione o meglio l’esistenza di diverse religioni è la conseguenza delle
diversità degli ambienti che diversificano i popoli. Tale Stato che volesse
assicurare la felicità degli uomini in diverse condizioni ambientali, dovrebbe
necessariamente suddividersi in più stati locali, di conseguenza ci sarebbero
più Costituzioni e a cascata più religioni. Alla fine l’idea dello Stato
mondiale con una Costituzione e religione è una pura astrazione. Lessing
afferma con decisione che gli abissi che dividono gli uomini sono invalicabili.
Lessing elenca i tre mali dell’uomo:
a) i popoli diversi, b) le religioni diverse, c) gli stati diversi. Questi tre
mali costituiscono il destino della società umana. L’ovvia conseguenza è che
lo Stato in sé imperfetto, non può impedire la suddivisione in classi. Per
quanto possa essere buono uno Stato, esso non può garantire che ci sia un unico
e felice rapporto tra i suoi membri.
Lessing, dunque, dando per scontata
la suddivisione in classi, pone l’idea che l’unione debba contemplare in sé
la diversità. Per il nostro Autore i tre mali anche se ineluttabili non sono
necessariamente immodificabili. Lessing arrivato in fondo al tunnel della
critica dello Stato, delle Costituzioni, dei rapporti tra uomini, rinnegando la
possibilità di eliminare del tutto le differenze non vede, come in Marx, la
possibilità che una rivoluzione possa modificare le condizioni dell’umanità,
infatti la Rivoluzione Francese è di là da venire e ed il pensiero
illuministico ancora non ha trovato i suoi modi concreti di esplicarsi, la
classe borghese non ha ancora tramutato le idee in presa del potere. La
Rivoluzione Francese spazzerà via questo immobilismo culturale e teorico per
essere poi teorizzata dal pensiero anarchico di Max Stirner, di Prudhon e
Bakunin e con più spessore teorico dal pensiero marxiano.
Tuttavia, è da notare in Lessing gli
accenni di una concezione di “progresso” inteso come processo di
miglioramento delle condizioni della società che avviene per azione dell’uomo.
È infatti nel pensiero di Lessing che il progresso ha lo scopo di impedire che
i tre mali diano luogo a mali peggiori. Tuttavia, come poi vedremo, la
concezione lessinghiana di progresso è non solo metastorica ma anche più
elevata, infatti Lessing mira non al solo miglioramento delle condizioni umane e
sociali, ma al loro perfezionamento[ii].
L’analisi di Lessing evidenzia
l’impossibilità di impedire la divisioni in classi sociali o di frenare le
sue conseguenze più nefaste, né ciò potrebbe accadere con delle leggi
impositive che sarebbero limitate ad un solo stato e non a tutti. Di conseguenza
bisogna confidare in un qualcosa che è superiore, per sua natura, alle
divisioni e con un’azione che si pone fuori dai particolarismi delle classi,
degli stati e delle popolazioni.
Lessing, nel suo dialogo, con una
sequenza serrata di affermazioni vuol giungere a concepire la possibilità che
le cose umane migliorino per opera di una elite dei più saggi e migliori
cittadini di ogni stato. Questi uomini dovrebbero essere presenti in ogni stato,
essere privi di pregiudizi popolari, religiosi e morali, non voler imporre il
proprio modo di concepire il buono e vero a tutti gli altri uomini, non
dovrebbero farsi accecare dagli onori, ma abbassarsi agli umili e questi
innalzare.
Per Lessing questi uomini sono i
Liberi Muratori, poiché votati ad essere tutto ciò e perché riuniti nella
Libera Muratoria, senza disperdersi inefficacemente in azioni individuali.
Dunque il compito della Libera Muratoria è quello di ravvicinare gli uomini
verso quel ideale mondo senza divisioni.
Il nostro autore non fu un Libero
Muratore che avesse frequentato molto le logge tedesche e, a quanto si sa, le
sue esperienze di loggia non furono molto felici. Ai suoi tempi esistevano nei
paesi di lingua tedesca molte organizzazioni massoniche, alcune erano legate
alla massoneria inglese e molte a quella francese, più alcune decisamente
spurie che di massonico avevano ben poco.
Possiamo quindi dire che il suo
pensiero fu elaborato privatamente, al più discussi sempre in via privata con
qualche fratello fidato. Non c’è da stupirsi dunque se Lessing ci pone una
visione della Libera Muratoria, in tutti i suoi dialoghi, fortemente ideale e si
direbbe anche molto teorica, fuori da quella pratica di loggia e di Gran Loggia,
vissuta con molto attivismo da tanti personaggi di rilievo nella vita culturale,
sociale e politica della sua epoca. Ai tempi di Lessing, malgrado gli
ammonimenti degli inglesi, nelle logge tedesche si discuteva molto di politica e
di religione. Lessing vuole stare fuori da questi discorsi molto contingenti e
profani ed insegue gli insegnamenti dei Landmarks originali rifiutando ogni
discorso concreto e pratico di politica e di religione. Tuttavia è uomo di
vasti interessi culturali e affronta le tematiche politiche e religiose con
spirito filosofico, in modo molto teorico ed ideale. Ciò non toglie che i suoi
dialoghi abbiano subito molte traversie e tentativi di censura. Lui non fece
un’opposizione forte a queste censure che venivano principalmente
dall’ambiente massonico, ma furono alcuni suoi amici ed estimatori a
pubblicare anonimi i suoi dialoghi. Lui non si oppose neppure a questo.
Interessante è vedere che Lessing
pur non essendo un filosofo sociale in senso stretto, quindi senza nessuna
profondità teorica, tuttavia azzarda una teoria dello Stato e delle istituzioni
di tutto rispetto, per la sua epoca. Oggi vediamo con una certa indulgenza
alcune sue ingenuità teoriche, ma non è difficile ritrovarle in altri
pensatori dell’epoca, anche più esperti di lui nella materia.
Quello che potrebbe essere
considerato il nocciolo duro di questo suo secondo dialogo non è dunque la sua
teoria politica, bensì l’elaborazione dello scopo ideale della Libera
Muratoria.
Lessing ci vuole dire perché esiste
la Libera Muratoria, chi vi deve appartenere ed in particolare quale è lo scopo
ultimo, ovvero il suo destino ideale. Lessing sembrerebbe seguire le orme
platoniche di uno stato i cui governanti sono uomini esemplari e di grandi virtù
di pensiero e di azione, stato comunque suddiviso in classi ben definite e
immutabili. Però si distingue dal Platonismo sociale, considerando i Liberi
Muratori come una elite che rimane estranea al governo pratico dello Stato. La
Libera Muratoria sarebbe una lega ai margini della società, che con essa non si
confonde anche se in questa vive. L’azione liberomuratoria non è azione
diretta e palese, anzi deve essere discreta e rispettosa dei governi e del
sentire comune; è azione che si pone senza obiettivi immediati o contingenti,
essa si volge al futuro con un potente senso di finalità estrema. I Liberi
Muratori, persone di probità esemplare, si considerano un’elite che prosegue
nel tempo, dove ognuno mette la sua piccola pietra per costruire l’edificio di
un mondo perfetto perché unito.
Lessing, nei riguardi della religione
ha toni di freddo realismo, rifugge dalle chiese, intese come strutture storiche,
ma non usa toni anticlericali o da libertino[iii].
Lui è un deista, è persona che vede la religiosità come strumento di
perfezionamento dell’uomo, ma non evita di osservare che le religioni sono
anche strumento di divisione tra i popoli, tra gli uomini. Accenna ad una
religione mondiale ma dichiarando subito che questa è una astrazione priva di
speranza. In questo campo dunque per Lessing la Libera Muratoria deve mantenere
un atteggiamento non guardingo ma distaccato; la religiosità deve essere
ricondotta all’intimo, al privato dei singoli. Poiché la religione per sua
natura è prodotto delle particolarità dei popoli e crea divisioni, il Libero
Muratore deve concepire una religiosità universale, volta più al senso del
sacro e della trascendenza. Tutto ciò non è naturalmente espresso a chiare
lettere, infatti, se l’avesse fatto sarebbe incorso in gravissime sanzioni
civili e religiose, però è adombrato in tutto il suo pensiero.
[i]
È da notare che ritroviamo questa visione del perseguimento della felicità
nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America (4 luglio
del 1776) elaborata da un illuminato gruppo di personaggi tra i quali c’era
alcuni Liberi Muratori.: Quando nel corso degli umani eventi si rende
necessario ad un popolo sciogliere i vincoli politici che lo avevano legato ad
un altro ed assumere tra le altre potenze della terra quel posto distinto ed
eguale cui ha diritto per Legge naturale e divina, un giusto rispetto per le
opinioni dell'umanità richiede che esso renda note le cause che lo
costringono a tale secessione. Noi riteniamo che le seguenti verità siano di
per se stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che
essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra
questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca
delle Felicità; che allo scopo di garantire questi diritti, sono creati
fra gli uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso
dei governati; che ogni qual volta una qualsiasi forma di Governo, tende a
negare tali fini, è Diritto del Popolo modificarlo o distruggerlo, e creare
un nuovo governo, che ponga le sue fondamenta su tali principi e organizzi i
suoi poteri nella forma che al popolo sembri più probabile possa apportare
Sicurezza e Felicità. Nel 1793 Kant scriverà nel suo Sopra il detto comune : “ questo
può essere giusto in teoria , ma non vale per la pratica ”: “Nessuno
mi può costringere ad essere felice a suo modo (come cioè egli si immagina
il benessere degli altri uomini), ma ognuno può ricercare la sua felicità
per la via che a lui sembra buona, purché non rechi pregiudizio alla libertà
degli altri di tendere allo stesso scopo, in guisa che la sua libertà possa
coesistere con la libertà di ogni altro secondo una possibile legge
universale (cioè non leda questo diritto degli altri)”. In questa
prospettiva per Kant la felicità del singolo individuo si ricollega
direttamente - e costitutivamente - al problema della libertà in quanto ogni
cittadino costituisce sempre un uomo vivente nell’ambito di una specifica
società civile, formata da cittadini dotati di pari diritti. Si può solo
aggiungere che un Libero Muratore è “libero” perché è un ricercatore
della felicità per l’Uomo.
[ii]
Per miglioramento si intende porre
un freno ai tre mali dell’umanità, mentre con perfezionamento
alla loro eliminazione.
[iii]
I “libertini” (da libertus,
schiavo affrancato) erano gli esponenti di un movimento culturale del XVII
secolo che, partito dalla Francia si sviluppò in Inghilterra, Germania ed
alcuni paesi del Nord Europa. Esso viene fatto risalire alle sette del
“libero spirito” presenti in Italia, Francia e Germania del XIII secolo,
le quali, rifacendosi al pensiero di Giocchino da Fiore, predicavano una sorta
di panteismo e di libertà dei costumi, poiché il peccato non esiste e ci si
deve abbandonare alle spinte naturali. Nel ‘600 il termine è usato per
definire chi era un depravato, un ateo, un filosofo scettico, ma
sostanzialmente era riferito all’indifferenza religiosa. Esponenti di un
libertinismo colto furono François La Mothe le Vayer (1588-1672), Pierre
Gassend (1592-1655), Gabriel Naudè (1600-1653), Pierre Bayle (1647-1706). Le
tesi libertine più radicali si trovano nel Theofrastus
redivivus (1660) di
Anonimo, dove si nega l’esistenza di Dio e si denuncia la religione come
strumento di oppressione del popolo da parte dei potenti; unica regola sociale
deve essere quella di non fare agli altri ciò che non si vuole fatto a sé,
importanti esponenti di questo libertinismo radicale furono Giulio
Cesare Vanini (1585-1619) e Théophile de Viau (1590-1626). L’autore che
forse meglio di qualunque altro assomma in sé tutte le caratteristiche della
nuova temperie culturale, critica alla religione, difesa del materialismo e
della mortalità dell’anima, attacco ai miracoli, è Cyrano de Bergerac.
(1619-1655) I
libertini si rifacevano ai grandi pensatori del passato, con la riscoperta del
vero Aristotele pagano, e del Rinascimento, nella sua affermazione
della dignità e dell’autonomia intellettuale dell’uomo, ma interpretandoli in modo singolare. Con il libertinismo si pone la
definitiva crisi del pensiero scolastico e si propugna l’indifferenza
religiosa e l’opposizione all’autorità delle gerarchie ecclesiastiche,
bersagliate anche da un Moliere, intimo amico di Gassend. Il libertinismo pose
le basi della separazione della fede dal dibattito scientifico e dalle
argomentazioni razionali. In questo senso i libertini rinnovarono di fronte
all'attacco della Controriforma le esigenze di separazione tra fede e ragione
che si possono far risalire all'alto Medio Evo con Occam. Si può aggiungere
che quando nei Landmarks massonici si dichiara che un massone non può essere
“né uno stupido ateo né un libertino senza religione”, il termine
libertino deve essere riferito all’appartenenza a quella corrente di
pensiero e non semplicemente ai comportamenti dissoluti.
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