Il Dialogo di Herder è parte di
un’opera maggiore scritta tra il 1793 e il 1797, trent’anni dopo la sua
iniziazione. In rapporto ai Dialoghi lessinghiani, in Herder non appare la
lucida severità di Lessing. Nella sua visione così intrisa di sentimento e
fantasia si danno giustificazione anche gli aspetti superficiali e fanciulleschi
di chi rincorre l’appariscenza dei gradi, degli alti incarichi, rapito nello
sbrilluccichio dei grembiuli dorati ed argentati. In Herder tutti possono
giustificare il proprio percorso. Se in Lessing c’è tersa e discriminatoria
allucinazione, in Herder c’è allucinazione ebbra ed indifferenziata. Chiunque
può amare le parole di Herder e portare i suoi Dialoghi in Loggia, affascinato
dal suo eloquio sentimentale, ma pochi osano portare Lessing, spaventati dal suo
rigore liberomuratorio.
Se Lessing ipotizza l’umanità come
potenzialmente liberomuratoria, nel senso che l’idealità liberomuratoria
altro non è che l’espressione razionale e metastorica dei più alti sogni
umani, da parte sua Herder ipotizza il dissolversi della Libera Muratoria in una
“società di tutti gli uomini che pensano in ogni parte del mondo”,
alla stregua di una “repubblica di saggi”.
Sia per Lessing sia per Herder
l’apparato organizzativo e la simbologia sono aspetti superficiali
dell’apparire liberomuratorio; per Lessing questi sono gli aspetti storici e
contingenti di forma, che non rispecchiano l’essenza dell’essere Libero
Muratore e che pur tuttavia fanno parte del divenire della Libera Muratoria
nella storia umana e civile; per Herder apparati e linguaggio simbolico negano
la possibilità di conservare la segretezza dell’essere iniziatico di un
Libero Muratore. Infatti, la simbologia liberomuratoria è scoperta e visibile
ai non iniziati, dunque imitabile e questa imitabilità snatura il linguaggio
stesso e con esso l’essenza della Libera Muratoria. Il simbolismo
liberomuratorio per essere comunicato deve essere riconoscibile, vanificando così
lo stesso segreto liberomuratorio.
La segretezza d’appartenenza crea
gli angoli bui dove si annida “l’inganno, il fanatismo”. La
segretezza, per Herder è dunque innaturale: “solo la verità palese è
figlia di Dio ed ogni verità umana deve essere osservata alla luce del sole e
poter essere esaminata dagli uomini”. L’attacco di Herder all’apparato
e al simbolismo liberomuratorio è più determinato e d'insieme di quello
lessinghiano. Il segreto si oppone, nella visione pietistica di Herder, alla
verità che può essere intimamente vagliata da ogni uomo, senza timore
d’errore perché essa è divinamente soffusa. Rispetto a Lessing che riconosce
in quegli aspetti formali la loro storicità, che nella sua visione metastorica
è un fatto indubitabilmente criticabile, Herder nega in senso assoluto tali
apparenze, nega ogni loro valenza anche storica. Si potrebbe dire che per Herder
tali apparati non sono neppure liberomuratori in senso stretto. Quando Lessing
vede nella ricerca della Verità lo strumento di riscatto dell’Umanità,
osserva con forza che questo strumento è posseduto solo dalla Libera Muratoria.
Herder, invece, capovolge l’idea lessinghiana e pone la ricerca della Verità
nelle mani della stessa Umanità, dichiarando così che solo l’Umanità è
soggetto del proprio riscatto. Herder è molto più vicino al neoplatonismo
fiorentino di quanto lo mostri un Lessing. L’Umanità sola e nella sua
completezza ed integrità è il centro cosmologico del creato. Per Herder la
ricerca del bene comune è la via per la ricerca del bene individuale. L’Humanität
è il sentimento che risveglia, guida e crea l’uomo emancipato, essa è
concetto totalizzante di ogni aspetto elevato, spirituale ed ideale dell’Uomo.
L’Humanität è frutto dell’assoluto ottimismo di Herder per il quale
ogni uomo, solo per il fatto di essere uomo, possiede tale sentimento. Al
contrario di Lessing, per Herder il cammino verso la perfezione è inarrestabile
e scontato, in virtù di una forza superiore che egli identifica con la
Provvidenza, nascosto demiurgo della storia umana.
Herder
inizia il suo “Dialogo intorno ad una società invisibile–visibile”,
richiamandosi esplicitamente al secondo Dialogo di Lessing. La prima cosa da
osservare è che questo Dialogo è costituito da 86 battute, che le prime 57
sono la riproposizione accurata del secondo dialogo di Lessing del 1778 e che le
successive 29 battute sono originali di Herder. Egli premette al Dialogo alcune
affermazioni di Lessing in merito al bene che la Libera Muratoria apporterebbe
al mondo, inteso come umanità, quasi volesse trovare conferma alla
propria concezione di Humanität
dallo stesso Lessing ed infatti da questo egli avvia il dialogo, anche se il suo
apporto originale si limita a solo un quarto dell’intero dialogo, come prima
s’è detto. Rimandando al Commento al Secondo Dialogo di Lessing[i],
per l’analisi della prima parte, vediamo che Herder lega i concetti
lessinghiani proposti nella prima parte del suo Dialogo a quella sua originale
scegliendo un’importante frase di Lessing che afferma la necessità della
Libera Muratoria alla quale si può pervenire sia indirizzati da altri che da
soli e che
“niente di necessario, niente di essenziale” sono le “parole,
segni ed usanze”, “la completa iniziazione”. Dunque, Herder
sposa il convincimento lessinghiano delle forme esteriori della Libera Muratoria
come apparato che ad essa nulla dà.
Le
prime battute sono la riaffermazione del valore universale della Libera
Muratoria che viene proposto tramite una breve serie di domande retoriche che
implicano una necessaria affermazione positiva. Lo scopo è quello di dimostrare
che la segretezza liberomuratoria, cioè le sue “usanze o simboli”,
è necessaria per difendersi dagli attacchi del mondo profano, che non adotta i
principi liberomuratori. Detto così sembrerebbe che Herder adotti
pedissequamente le opzioni lessinghiane di critica all’apparato della Libera
Muratoria. In realtà, la critica herderiana è rivolta alle popolazioni non
illuminate e che non adottano come scopo primario quello della Libera Muratoria,
ma anche all’inganno, all’istruzione pedagogica, alla pedanteria, al
formalismo (“parata”). La critica herderiana è dunque più severa di
quella di Lessing il quale considerava i mali dell’umanità come derivanti da
un errato organizzarsi della società umana[ii]. Herder invece addossa
alla natura umana tali mali, con la tipica visione del pastore protestante della
sua epoca. Per lui la Libera Muratoria “È grande abbastanza, ma purtroppo
una chiesa dispersa, invisibile”.
È
questa invisibilità, questa segretezza che Herder critica. Egli vuole affermare
che la Libera Muratoria dovrebbe avere “chiare parole ed azioni”,
poiché essa “eleva sopra ogni divisione della società civile”, essa
“non solo m’inizia, bensì mi forma” in relazione all’umanità
intera. Ritorna l’idea dell’umanità come soggetto storico e mettendo la
Libera Muratoria come suo complemento di causa.
La
Libera Muratoria nel pensiero herderiano si riduce a società che educa al senso
di Humanität. Qui appare la profonda differenza con Lessing.
Quest’ultimo infatti vede nei valori universali dell’umanità di ogni tempo
e nel loro applicarsi, la funzione teleologica della Libera Muratoria; essa
assurge a demiurgo della storia umana. Herder invece riduce questa funzione ad
educatrice del singolo uomo, in subordinazione ad uno scopo metafisico[iii],
affinché tale uomo a sua volta educhi l’umanità[iv].
Anche
Lessing parlava del singolo uomo in funzione dell’umanità, ma nei termini di
un’azione esemplare massonicamente indirizzata che si estendeva in visione
metastorica all’attuazione dei valori universali umani. Libera Muratoria ed
Umanità s’incontrano sulla base della comunione dei valori. Herder, invece,
si pone in posizione opposta, quasi che l’uomo in quanto libero[v]
già possedesse questi valori, che egli fa confluire nel concetto di Humanität,
e che operasse educativamente nell’umanità. Egli riducendo la Libera
Muratoria ad ancella dell’Umanità la fa divenire strumento e non scopo, anche
se strumento speciale perché al servizio di un ideale di nuova società.
C’è
in questa visione herderiana un senso di speranza escatologica travolgente e
questa, infatti, travolse i sentimenti della Libera Muratoria del XIX secolo che
lo considerò maestro eccelso.
In
Herder il punto nodale del discorso è l’Umanità libera dai vincoli e dalle
pene che così vivrebbe in una società che lui stesso definisce ideale. Da
parte sua, la Libera Muratoria eleva “sopra
ogni divisione della società civile” che inizia ed educa, con lo scopo di
realizzare la società universale[vi].
Questo scopo della Libera Muratoria deve essere perseguito con chiare parole
mentre i “principi” che lo definiscono devono rimanere riservati, se
non segreti, perché “Riguardo ai principi solo degli spiriti possono
spiegarsi l’un l’altro”.
Herder
quindi sposta la segretezza riservata ai rituali e ai simbolismi nella regione
degli scopi, implicitamente accogliendo la tesi lessinghiana dell’umanità
incapace ad accettare con facilità i principi universali. Appare con
tutta evidenza la contraddizione in cui cade Herder: da una parte l’umanità
è concepita come soggetto a cui la Libera Muratoria può infondere la sua
conoscenza dei valori universali e dall’altra come oggetto al quale si devono
nascondere gli scopi perchè impermeabile a quei principi. Ma anche dal punto di
vista della critica herderiana al segreto liberomuratorio, appare la distonia
tra il segreto che, fatto uscire dalla porta sotto forma degli apparati, rientra
dalla finestra in forma di scopi. La critica di Herder al segreto
liberomuratorio è da lui argomentata con la giustificazione che un uomo che
tace la propria appartenenza ad un’associazione legata da simboli, giuramento
e norme segrete non può contribuire a costruire “il grande e nobile
edificio dell’umanità con azioni non clamorose”. A prima vista
sembrerebbe che Herder con queste azioni non clamorose si avvicini all’idea
lessinghiana dell’azione esemplare, ma non è così; l’idea di Herder è
quella di difendere se stesso e la Libera Muratoria dall’accusa di stravolgere
le istituzioni statali e civili con azioni rivoluzionarie, che sempre sono
clamorose.
Si
svela l’indecisione di Herder nei confronti di un’umanità che per un verso
è motore della storia e per un altro è soggetto inconsapevole degli scopi
della Libera Muratoria, perché tali scopi sono troppo superiori e quindi
passibili di incomprensione. I principi della Libera Muratoria sono ideali perché
“innalzano sopra tutti i pregiudizi degli stati, della religione, delle
classi”. L’idealità liberomuratoria è di valore così elevato che le
consente, di ignorare i pregiudizi e di innalzarsi oltre questi. Herder, quindi,
intende la Libera Muratoria come strumento per il perfezionamento dell’Umanità,
strumento guidato da principi che superano i pregiudizi della società civile e
strumento composto da tutti coloro che in questi principi si riconoscono[vii].
La visione elitaria che Herder propone si distingue nettamente dalla visione
lessinghiana che invece proponeva l’azione esemplare dei Liberi Muratori come
azione metastorica che avrebbe portato l’umanità al suo perfezionamento,
sotto la garanzia, in questo progresso, della Libera Muratoria.
Herder
dà una connotazione più precisa alla Libera Muratoria come agente
di cambiamento della società civile nei suoi aspetti istituzionali, religiosi e
delle sue classi. Allo stesso tempo egli recupera ed integra a suo modo la
concezione lessinghiana di esemplarità dell'azione liberomuratoria, che può
essere svolta anche da chi non è iniziato, facendo dire all’ Io del Dialogo
“La tua azione e quella di altri ha agito a lungo e con più sicurezza su
di me, di quello che potrebbero produrre usanze e segni solo con molta
insicurezza e lentezza”.
Le
azioni umane che secondo Herder elevano tra i nobili spiriti (i Liberi Muratori)
sono la poesia, la filosofia, la storia, i tre lumi che illuminano il mondo, cioè
le “nazioni, sette e razze, un sacro triangolo”.
Qui
l’azione liberomuratoria coincide con le tre arti che erano proprio i suoi
preferiti campi di studio. A questo punto del dialogo Herder fa un interessante
capovolgimento di prospettiva ad un momento del Dialogo di Lessing, nel quale
Lessing stesso fa contestare, da parte di Falk, un’affermazione di Ernst che
le azioni benefiche compiute dalla Libera Muratoria nella società, sono come i
molti ingranaggi di una macchina, più ce ne sono meglio è. Falk rigetta questa
logica affermando che uno solo deve essere lo scopo della Libera Muratoria e che
tutto il resto che si compie nella società profana è “polvere”,
compresa la benevolenza liberomuratoria, ove il termine polvere è da intendersi
sia in senso di inutilità, sia nel senso di confusione che fa perdere la
visione dello scopo ultimo ed unico. Herder prende questa stessa metafora e
concordando con Falk che è meglio un solo forte stimolo piuttosto che molti,
però dirotta il senso dello stimolo dall’Azione liberomuratoria di Lessing al
concetto di Humanität, per cui se questo è fatto forte e dichiarato in tutti i
suoi aspetti ed effetti, avrebbe l’energia per rendere i pregiudizi della
società profana “mitigati, limitati, resi innocui”. Egli,
implicitamente, confessa che non sparirebbero; dunque, in una certa misura
limitata, mitigata, i mali che affliggono l’umanità sarebbero resi innocui.
È questa prospettiva del qui ed ora, della concezioni storicista di Herder che
si sovrappone a quella metastorica e quasi “naturalista”
di Lessing nei confronti della società umana come irrecuperabile. Herder ha
nella storia umana un senso di fiducia e speranza molto più religioso di
Lessing[viii].
Ma è proprio questo suo acceso senso religioso che inevitabilmente
storicizzando la Libera Muratoria, rendendola umana, ne appanna, come criticò
Goethe, la grande valenza ideale. La libera Muratoria, vista come società
ideale, nel pensiero herderiano è dunque ideale di principio, ma senza sostanza
perché la vera sostanza non si trova nella Libera Muratoria stessa , ma nel
senso di Humanität, la cui accezione universale fa perdere alla Libera
Muratoria ogni caratterizzazione di distintiva idealità. Non a caso le
posizioni herderiane precorrono e pongono le basi per la nascita dei partiti
politici moderni. Herder conferma tutto ciò affermando che “ogni simile
vittoria sul pregiudizio deve essere riportata combattendo non dal di dentro ma
dal di fuori “
Per
Herder non è necessario essere massoni per edificare una migliore società, è
sufficiente essere “uomini di uguali principi” e che quindi non hanno
bisogno per operare assieme di avere “tocco e segni”. Chi possiede
questo ideale edificatorio può accettare, rallegrandosi, “dell’opera di
altre mani”, perché questa immane impresa, interminabile, sterminato
edificio “per realizzarsi necessita di tutti gli uomini che collaborino”
e che “tutti i tempi e tutte le relazioni siano richiesti a ciò”.
A
questo punto del Dialogo non si comprende più quale sia la funzione della
Libera Muratoria, se la funzione e l’azione ad essa legata sono
indifferenziate rispetto a quelle degli uomini di simili principi. Herder, qui,
evidentemente fraintende o altera il senso della affermazione lessinghiana a
proposito di quegli uomini che possedendo gli stessi principi universali si
comportano come Liberi Muratori pur non essendo iniziati. Lessing pur
identificando l’iniziato con il profano, accomunati da principi universali,
non porta il discorso sul piano dell’Azione, che è e rimane azione
specificatamente liberomuratoria, perché solo la Libera Muratoria possiede
l’ideale e metastorico progetto di realizzare i valori universali. Herder non
punta l’attenzione sui valori universali, probabilmente perchè li ritiene
troppo astratti e non riferibili alla sua Provvidenza che guida la storia e
quindi non atti a costruire il grande edificio di una nuova società. Neppure
egli riserva questo compito alla sola Libera Muratoria, bensì lo estende a
tutti gli uomini che nella sua logica di cristiano pietista, possono essere
chiamati uomini di buona volontà[ix].
È
proprio, credo, l’accezione pietista della religiosità di Herder che lo porta
ad individualizzare l’azione riformatrice, estraniandola rispetto a quella
associativa lessinghiana. È azione pratica, non necessariamente esemplare come
teorizzava Lessing, perché nata nel cuore di uomini di uguali principi, è
azione pratica da svolgersi in modo storicamente determinato e non come ideale
metastorico.
Herder,
come già detto, attualizzando e generalizzando anche ai non iniziati la
funzione e l’idealità liberomuratoria, della Libera Muratoria svuota la
caratterizzazione che Lessing le aveva assegnato, la rende società benefica,
votata alla pari di ogni società cristianamente connotata al bene comune da
realizzare il prima possibile. Così definita e determinata la Libera muratoria
non necessita di giuramenti, leggi e simboli. Essa non viene solo svuotata di
ogni caratterizzazione distintiva nel suo scopo e prassi, ma anche dei suoi
connotati esoterici ed iniziatici. È vero che pure Lessing non aveva tra i suoi
primi interessi quello dell’esoterismo, che invece sarà possente in Goethe[x],
però il senso dell’iniziazione era definito come segno distintivo tra chi si
pone in termini metastorici e chi no, perché profano e quindi storicamente
determinato. Per Herder la “vera luce” non nasce dentro la Libera
Muratoria, ma è esterna ad essa appartenendo a tutta l’umanità. E ne
conclude che “tutti quei simboli possono essere stati buoni e necessari una
volta, ma mi sembra non siano più per i nostri tempi”.
Con
poche battute Herder smantella l’edificio di idealità faticosamente eretto da
Lessing. Il titolo del Dialogo “Una società visibile ed invisibile”
è quindi illuminante sullo scopo herderiano, quello di portare la luce
dell’Humanität dentro la Libera Muratoria e farla diventare da “invisibile”,
segreta ed esoterica, a “visibile”, cristianamente umana.
La visione puramente deista, con evidenti accenni agnostici, di Lessing che
trasmutava l’idealità cristiana in idealità laica (non atea) viene
implicitamente respinta da Herder, pastore protestante di cultura familiare
pietista.
NOTE
[iii]
Nel suo “Ancora una filosofia della storia” del 1774, Herder
immagina una Provvidenza che senza intervenire in forma diretta sulla storia
dell’uomo ottiene il suo scopo dando luogo a forze che indirizzano il
corso della storia verso svolgimenti “così semplici, delicati e
meravigliosi quali li vediamo in tutte le produzioni della natura”.
Prima ancora nel Reise Journal (1769) stigmatizzò l’Esprit des
Lois come una "metafisica fatta per un morto codice",
alla quale dev’essere contrapposta una "metafisica fatta per la
formazione dei popoli".
[iv]
“Non
c’è nessuna creatura della mia specie che non operi per l’intera specie”.
[v]
Intendendo per libertà il: “poter essere un
uomo onesto e cristiano, possedere in pace, all’ombra del trono, la propria
capanna e la propria vigna e godere il frutto del proprio sudore”.
[vi]
“[…] mi forma, non in relazione a tali e
tali uomini, ma con gli uomini in generale”.
[vii]
“intorno proprio a questi principi e dottrine,
si riuniscono […] tutti i nobili spiriti del mondo”.
[viii]
La sua fede lo fortifica e rassicura facendogli
definire la storia universale come “il cammino di Dio attraverso le
nazioni”.
[ix]
È utile richiamare il senso del Pietismo: “Lutero
diceva che la nostra giustizia è nascosta in Cristo, il pietismo voleva
renderla palese mediante le opere. La sua intenzione di fondo era manifestare
la realtà del cristiano come "uomo nuovo", rinato in Cristo. La
conversione, o rigenerazione, o nuova nascita e le loro conseguenze diventano
il perno dell'esperienza ed esistenza cristiana. Questo comporta certo un
rinnovamento della pietà (donde il nome), ma in funzione di un rinnovamento
del modo di vivere dei cristiani: secondo i pietisti il cristianesimo non è
dottrina, ma vita.” Da Sapere.it
[x]
Che forse per questo motivo ruppe il sodalizio con Herder.
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