Esiste a tutt’oggi pochissimo
materiale che riguardi la storia delle prime logge massoniche in Sicilia ed a
Messina in particolare. Se è introvabile quello che si riferisce al secolo
scorso, figurarsi poi quello che è relativo al secolo XVIII che è poi il secolo
che della Massoneria stessa vide ufficialmente i natali. Eppure non è così.
Come si suol dire, si cerca nei posti più impensati quello che è poi nel luogo
più naturale e nel quale non abbiamo mai neppure lontanamente pensato di
cercare. Così come è successo a noi che, quasi senza volerlo, ci siamo
imbattuti in una discreta mole di materiale originale di notevole pregio. E se
è successo a chi non si occupa per professione di ricerca storica, figuratevi
quale potrebbe essere il risultato di una ricerca sistematica condotta da
esperti qualificati. Ma veniamo al dunque. A seguito di una visita occasionale
al Museo Regionale di Messina, si è entrati in possesso di una ricerca storica
relativa ad un periodo di storia siciliana, ed in particolare messinese, che
copre la seconda metà del millesettecento. In questo lavoro, pubblicato da
Salvatore Leone, si fa riferimento ad un manoscritto in possesso della
Biblioteca Regionale di Messina, codificato con la sigla FN 273 (Fondo Nuovo 273). Tale manoscritto, di pugno di Andrea
Gallo, figlio del più illustre storico Caio Domenico, contiene un elenco di
parecchie decine di lettere indirizzate a numerose personalità del mondo della
cultura di quel tempo. Lettere che sono allegate a tale manoscritto. Dal contesto
che emerge dalla loro lettura si possono dedurre sia un certo numero di
personaggi e fatti che costituirono le radici culturali del riformismo
meridionale, sia l’individuazione di un preciso substrato politico-culturale
che, contribuendo alla formazione di gruppi di opinione e di quadri dirigenti,
rese possibile tale movimento riformista. In tali gruppi di opinione si possono
identificare anche le prime logge massoniche dell’isola.
L’editto regio che costringeva al latomismo la
Massoneria nel regno di Napoli e Sicilia, è del 2 Luglio 1751 ma già a partire
dal 1762, c’era stata una forte ripresa di attività delle logge massoniche
siciliane che, servendosi di giornali, di accademie e di gruppi di studio
favoriva la circolazione delle idee ed il manifestarsi di un pensiero
alternativo, riformistico e democratico. Tali idee furono le stesse che
portarono al rifiuto di un passato in cui l’irrazionalità aveva dominato sulla
ragione, rifiuto che, in campo religioso, portò ad un rinsaldarsi del fronte
antigesuitico[1] con
l’appoggio di ordini quali quello dei Benedettini e dei Francescani e, in campo
culturale, al fiorire di circoli scientifici e letterari. E’ il caso di Antonio
Lucchesi Palli, principe di Campofranco, che il 1 Dicembre 1760 fondava
un’accademia di letteratura frequentata da “compagni della galante
conversazione” della quale fece parte, tra gli altri, l’abate Giovanni Meli,
uno dei più illustri massoni dell’epoca, che di tale Accademia si farà
banditore dei principi, assumendo Leibniz come guida del suo viaggio a “lu
celu”. Come non cogliere nella “galante
conversazione” del Palli un riferimento alla tolleranza ed alla rispettosa
accettazione delle altrui idee e nel “viaggio
a lu celu” del Meli il perfezionamento interiore che è l’unico obiettivo del
Massone per quanto concerne la sfera personale.
In questo fermentare di idee nuove
ed innovatrici incontriamo ancora personaggi come Cento, Carì, Carmelo
Controsceri, Mariano Scasso, monsignor Ventimiglia, Alessandro della Torre,
Ignazio Lucchesi Palli conte di Villarosata, il barone Giovanni Gerbino,
Ignazio Paternò Castello principe di Biscari, il nostro Andrea Gallo e tanti
altri, presenti negli elenchi massonici della seconda metà del Settecento
siciliano. Essi non possono essere considerati genericamente uomini politici o
di cultura, ma piuttosto come costituenti in Sicilia una vera e propria area
politico-culturale di ben precisa ispirazione massonica.
Ma quali furono i temi di interesse
di questi nostri antichi fratelli? Prima di tutto la natura come “naturans”
cioè come essenza e principio primo dei propri modi ed attributi in senso
quindi, squisitamente illuminista. L’antiquaria e l’archeologia non come
semplice raccolta dell’antico ma come studio delle più antiche origini dei
motivi più veri e profondi dell’Umanità. I problemi linguistici non come
attinenti a segni convenzionali ma all’organo del pensiero ed alla espressione
artistica. Lo studio delle scienze della Natura, dalla biologia alla anatomia,
alla chimica, alla fisica, all’astronomia.
In questa cornice si inquadra la
vita e l’opera del massone Andrea Gallo, di modesta origine sociale ma dotato
di una non comune sensibilità per tutto ciò che al suo tempo c’era di nuovo e
di moderno. Interessato alla botanica ed alla ricerca antiquaria mise sù una
notevole collezione di reperti che divenne un vero e proprio museo anche
piuttosto rinomato[2]. Riuscì a
mettere insieme, con i suoi risparmi, una biblioteca di più di tremila volumi
di opere scelte che purtroppo andarono distrutte o disperse nel terremoto
messinese del 1783. Già nel 1755, avendo come tutti i massoni della sua epoca
una vera passione per le forze della natura, aveva introdotto in Sicilia una
non meglio identificata macchina elettrica (probabilmente una macchina
elettrostatica). Nel febbraio del 1755 fondò un’Accademia di giovani studiosi
con il titolo di “Reparatori” nella quale, due volte la settimana nelle sere di
mercoledì e di sabato “recitar doveasi un
discorso su le varie materie di letteratura, ed in particolare di fisica, matematica,
diritto e medicina, venendo obligato il discorrente a rispondere all’impronta
alle difficultà che fatte le venivano dagli astanti. Indi si leggevano e si
esaminavano tutte le novità letterarie che ciascuno si procurava dalle
accademie forestiere, si replicavano l’esperienze che si accennavano e si
comunicavano le riflessioni che ciascuno degl’accademici giornalmente faceva
nella lettura de’ libri che aveva per le mani, di modo che lo studio di ogni
singolo rendevasi fruttuoso a tutti”. In questo raggruppamento di
“illuminati” possiamo identificare la sua prima Loggia anche se a questo
termine non possiamo ancora dare il suo pieno significato. Negli anni
successivi il suo nome è finalmente nel piedilista della Loggia messinese La
Riconciliazione collegata alla Gran Loggia Nazionale di Vienna. In questo
periodo della sua vita egli perfeziona la sua idea di una soluzione laica e
democratica di pensiero e di comportamento, cosa che lo rende un vero
protagonista della vita cittadina di Messina ed un punto di riferimento, non
solo culturale, per chiunque dei fratelli passasse per quella città.
E’ il periodo in cui Wolfgang
Amadeus Mozart aderiva alla Massoneria viennese ed anche il nostro Andrea
maturava, sotto l’influenza della Gran Loggia Nazionale austriaca, l’idea
illuministico-massonica che la musica ed il teatro dovessero essere considerate
come forze rigeneratrici dell’uomo e della collettività, idea che veniva
emergendo in tutta Europa in opposizione al semplice virtuosismo vocale che
aveva caratterizzato fino ad allora le opere musicali, dando più risalto alle
doti dei protagonisti che al contenuto culturale dell’opera in sè. E di questo
scriveva, nel 1764, a Giuseppe De Jean a Napoli allineandosi alle convinzioni
di altri fratelli massoni come il compositore tedesco Christoph Willibald Gluck
ed il poeta e critico italiano Ranieri de Calzabigi, realizzatori, in quegli
anni, di una vera e propria riforma del teatro in musica.
In un’altra lettera del 1764 al
principe Giuseppe Alliata, depreca l’ignoranza dei ministri della religione che
permettono usanze barbare come le autoflagellazioni in uso durante la settimana
santa, anche se raccomanda di non esternare tali riflessioni “nè a monaci nè a preti superstiziosi”
pena qualche denuncia al tribunale del Santo Uffizio per eresia. Definisce
questi preti come “il fariseo
dell’Evangelo che crede che il digiunare due volte la settimana basti a
renderlo perfetto” e condanna l’ipocrisia così tanto diffusa nella società.
Ed ancora su argomenti religiosi, nel 1764, in una lettera a Perfetto Maria
Perfetti, discutendo della molteplicità delle umane credenze, dell’ateismo e di
Dio, manifesta l’idea che esistono molte verità relative, tutte egualmente
accettabili, ma che solo la mente suprema del Grande Architetto e Geometra
dell’Universo conosce la verità assoluta. E giustifica l’esistenza delle molte
verità relative con il fatto che l’Essere supremo non si rivela con la stessa evidenza a tutti gli uomini. Una volta
ancora egli esprime il concetto della tolleranza massonica.
Scrivendo al Perfetti, il 31 agosto
1764, affronta il problema se il reo
interrogato leggittimamente debba in coscienza dir sempre la verità, anche a
discapito della sua stessa vita. Andrea prende posizione in termini di
perfetta ortodossia massonica, sostenendo non la menzogna ma il segreto, in
quanto il tacere la verità non è lo
stesso che dir la bugia. Questo suo particolare atteggiamento nei riguardi
del segreto e, più in particolare, del vincolo del segreto massonico, trova
larga diffusione nella seconda metà del XVIII secolo, specialmente nell’ambito
dei rapporti tra morale e politica, caratteristici della nuova società
borghese.
Il suo interesse per la metafisica
così come per l’alchimia e le scienze occulte è molto limitato. Egli non si dimostra
mai particolarmente attratto per questo genere di massoneria, come è provato da
un suo scritto dal titolo Delli fratelli
della Croce Rosea di una copia del quale siamo venuti, fortunatamente, in
possesso. A proposito di metafisica, dichiara, in una lettera a Leonardo
Gambino del 21 giugno 1768, che quella pretesa
scienza serve solo a disputare sopra
certe questioni sottili che da tanto tempo si sono agitate e giammai si sono
risolute. Ed afferma come sia preferibile attenersi al chiaro, al
facile, all’intelligibile, al demostrabile e che la metafisica è solamente
una stravaganza degli uomini dotti.
Andrea
Gallo, pur non essendo completamente insensibile al fascino dell’occultismo,
che probabilmente stimolò la sua entrata in Massoneria, come molti intellettuali
siciliani e messinesi appartiene infatti ad una corrente massonica
razionalistica e politicamente avanzata che oggi potremmo definire di sinistra.
Frequentissimi sono i suoi interventi a favore delle classi meno abbienti, come
nel caso della lettera del 16 Novembre 1765 ad Andrea Pigonati sulle cause che
hanno determinato la carestia del 1764. Particolarmente significativo è il
seguente passo : I padroni dei fondi
frumentari ed i negozianti dei fromenti credono che questo genere debbasi considerare per una mercanzia come
tutte le altre, e che in conseguenza per quanto minore è il raccolto, tanto
maggiore deve essere il prezzo con cui si debba comprare; e per quanto maggiore
è il denaro che ogni proprietario ricava da tale vendita, tanto più ricco sarà
divenuto il ceto de’ fondiarj e dei mercadanti: e quindi fondano per massima
stabile che bisogna indurre sempre una carestia di fromento, o vera o
apparente, al fine di sostenere il caro prezzo a questa derrata di prima
necessità ... . E parlando del monopolio esercitato dai venditori di
frumento a Palermo e delle tecniche illecite da questi usate per alzarne in modo esorbitante il prezzo,
aggiunge: Il governo intanto, in luogo di
abolire o di regolare con alcuna savia legge questa sorte di illeciti e
mostruosi contratti, gli ha se non autorizzati, tollerati fin ora col specioso
pretesto che i negozianti devono godere di una intiera libertà nelle loro
speculazioni, sendo essi lo strumento principale che fa circolare nella
repubblica il denaro, che in altro caso anderebbe ad ingurgitarsi nelle mani
degli avari inoperosi ... . Queste poche righe bastano ad evidenziare
l’ottica riformatrice di Andrea Gallo che afferma dover prevalere nella
gestione dei pubblici poteri esigenze di tipo etico-sociale e competenze
tecniche tali da realizzare il fine ultimo di un governo e cioè il benessere
del popolo.
Il
22 Dicembre 1767, scrive ad Antonio Genovesi comunicandogli la sua esultanza
per l’espulsione dei Gesuiti avvenuta appena 14 giorni prima, proponendo soluzioni
per l’utilizzo delle strutture abbandonate dall’Ordine in tutta l’isola ed
affermando la necessità di una sana e lungimirante politica culturale dello
Stato volta unicamente all’educazione dei cittadini. Dovrebono le cattedre essere una delle cure principali del governo, e
le materie che si dommatizzano e s’insegnano prescritte da persone illuminate,
che conoscessero i bisogni dello Stato e le qualità delle massime che
necessitano ai cittadini per formare la felicità pubblica.
Queste
sono solo alcune delle moltissime lettere presenti nella raccolta della
Biblioteca Regionale. Non abbiamo la pretesa di avere toccato tutti i
molteplici campi di interesse del massone Andrea Gallo, nè tanto meno abbiamo
parlato esaurientemente della Massoneria siciliana e del clima illuministico in
cui essa prosperò alla fine del secolo XVIII. Abbiamo cercato invece di
presentarVi qualche stralcio della vita culturale di un messinese che abbiamo
implicitamente identificato come massone tipico della sua epoca. Accanto al classico
enciclopedismo culturale proprio della cultura illuministica, i massoni
siciliani dimostravano di avere recepito i problemi del loro tempo, problemi
che andavano affrontando nell’ambito di un discorso politico-culturale preciso
e che ben si inquadrava nell’ambito delle nuove idee libertarie e riformatrici
culminate nella rivoluzione americana del 1776 ed in quella francese del 1789.
Potremmo anche dire che, il “socialismo” dei liberi pensatori e liberi muratori
siciliani, da identificarsi con i tre principi di Libertà, Uguaglianza e
Fraternità, precorra alcuni dei principi rivoluzionari che scossero Europa ed
America settentrionale nel ventennio successivo. E questo, per la Sicilia e per
Messina, se si usa come termine di paragone la nostra storia più recente,
rappresenta veramente qualcosa di notevole e quasi di incredibile. Dove sono,
oggi, quei siciliani? O dovremmo forse dire meglio : dove sono, oggi, quei
massoni? Ma torniamo ad Andrea Gallo.
Il suo messaggio culturale
coincideva con i motivi più veri dell’insegnamento massonico del Settecento : Un sincero amore verso i suoi simili e la
somma affabilità e cordialità verso gli amici, la vocazione ed il gusto
della comunicazione agli altri fratelli del proprio sapere, la curiosità come
spinta verso qualunque ricerca, un profondo senso della giustizia sociale e
dell’uguaglianza tra gli uomini, una grande disponibilità intellettuale sempre
pronta a combattere contro l’irrazionalità e la prevenzione. Forse non ce ne
siamo accorti, ma abbiamo recitato le finalità della Massoneria, colonne
allora, così come ora e per sempre, del nostro modo massonico di essere uomini.